Nuovi circle del progetto PRISMA a Sassari. Dopo i primi appuntamenti di maggio, rinnovati anche per giugno gli spazi dedicati al community building. Ci si può iscrivere in qualsiasi momento, sono gratuiti e non è necessario seguire tutti gli incontri fin dall’inizio. I circle sono spazi strutturati dedicati al dialogo e all’ascolto composti da un massimo di 20 studenti per gruppo.
Locandina dell’evento
Nel mese di giugno gli incontri circle organizzati da PRISMA si terranno martedì 4 e lunedì 16, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, presso la Residenza Universitaria di Via Coppino 20. Per partecipare è necessario iscriversi seguendo il link https://forms.gle/oZaLHH2izZcRogUB9
Le date dei successivi incontri verranno decise con i/le partecipanti al termine dei prossimi due appuntamenti. Per ulteriori informazioni contattare il facilitatore Luigi all’indirizzo email luigi.mra@gmail.com.
Il progetto PRISMA è un insieme di iniziative ideate da una rete di 8 Università e 1 AFAM per promuovere il benessere psicologico della popolazione studentesca.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
AGGIORNAMENTO 25.05.25 ORE 12:30:Laura Di Napoli ha interrotto volontariamente lo sciopero della fame esattamente al sedicesimo giorno.
Di Napoli non ferma lo sciopero della fame. Laura Di Napoli, militante radicale, è oggi al sedicesimo giorno di sciopero della fame (è arrivata al quindicesimo il 24 maggio 2025). Un’azione nonviolenta per difendere il diritto dei detenuti a manifestare pacificamente il proprio dissenso, senza essere puniti con la revoca delle misure alternative. Si tratta di una battaglia per il rispetto del diritto allo sciopero, sancito dalla Costituzione, e per la tutela della libertà personale, oggi gravemente compromesse dal DDL Sicurezza.
I militanti radicali di Sardegna Radicale-Tonino Pascali e Nessuno Tocchi Caino rivolgono ora un appello alla Regione Autonoma della Sardegna e alla Regione Toscana, affinché si assumano la responsabilità di non limitarsi alla condanna simbolica, ma promuovano un ricorso alla Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. Si tratterebbe di un passo necessario per impedire che norme in evidente contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento possano produrre effetti devastanti.
Laura Di Napoli il 24 maggio 2025 (foto concessa)
Il decreto, oltre a colpire le garanzie dei detenuti, rischia anche di far chiudere 800 aziende italiane a causa del contenuto proibizionista riguardante la cannabis, colpendo interi settori produttivi e aggravando le diseguaglianze.
Lo sciopero della fame di Laura Di Napoli è un atto di resistenza nonviolenta che interpella la coscienza civile e istituzionale del Paese. Spetta ora alla Regione Toscana e alla Sardegna di fare la loro parte, nel rispetto del patto costituzionale.
AGGIORNAMENTO 25.05.25 ORE 12:30:Laura Di Napoli ha interrotto volontariamente lo sciopero della fame esattamente al sedicesimo giorno.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Concerto rock a Porto Torres, le attività musicali che non smettono di stupire. Per l’estate turritana 2025 arriva il Renar Rock Festival, una serata di musica live presso la spiaggia della Renaredda (Piazza Eroi dell’Onda, pressi ex centro velico). L’evento comincerà a partire dalle ore 19:00 del 1° giugno 2025. Ingresso libero.
Dal tramonto del primo giugno Porto Torres torna a far sognare. Una serata di musica underground, con artisti emergenti e non, in una location imperdibile. La spiaggia della Renaredda, un tempo sporca e occupata dal deposito carburanti della Shell e ora località centralissima ed elegante, ospiterà quest’estate un evento musicale tanto imperdibile quanto raro, data la difficoltà a trovare eventi del genere nel panorama del nord-ovest Sardegna.
Locandina dell’evento
Già dalla sua prima edizione il RENAR Rock Festival risulta un evento imperdibile che merita tutto il supporto possibile per farlo continuare. Insomma, un concerto rock a Porto Torres che non si vede tutti i giorni.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Transfobia a Sassari, non c’è limite ai trogloditi. A seguito dell’attenzione mediatica della Nuova Sardegna data alle persone transgender, dapprima con un’inchiesta critica sul tema e infine con un’intervista alle attiviste locali, i sassaresi hanno mostrato il peggio di sé. Limitati con la mentalità, frustrati e incapaci di discernere la realtà con la finzione, per il sassarese medio la persona transgender è solamente un oggetto sessuale oppure una macchietta utile al pubblico ludibrio, come raccontata nei più squallidi cinepanettoni degli anni Novanta.
Sia recentemente che in generale la violenza fisica e verbale passa spesso e volentieri dalle parole ai fatti. Nei giorni scorsi sono state infatti aggredite due persone. Se con una di queste si sono cimentati con insulti gravi e personali riguardo alla sua identità, con l’altra sono arrivati addirittura a lanciarle addosso della spazzatura.
L’ultima intervista, la shitstorm e la risposta di Trans*Support!
Estratto del comunicato social
Dopo l’intervistariparativa presso La Nuova Sardegna a cura di Paolo Ardovino, alle attiviste sono arrivate successivamente «minacce di morte e di violenze di ogni tipo».
«Esiste una cultura transfobica, omofoba, sessista e fascista» – conclude il comunicato – «fingere di non vederla significa essere parte di essa».
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Sciopero della fame ad oltranza, ora sono dieci giorni. Alla data del 19 maggio 2025 Sardegna Radicale-Tonino Pascali, Nessuno Tocchi Caino, Europa Radicale e Associazione Radicale Adelaide Aglietta comunicano1comunicato del 19.05.25 “DECIMO GIORNO DI SCIOPERO DELLA FAME PER CHIEDERE LA RIFORMA DELLE CARCERI, IL RITIRO DEL DECRETO SICUREZZA E IL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE” il proseguimento dello sciopero della fame ad oltranza. La protesta nonviolenta è nata per chiedere la riforma delle carceri, il ritiro del DDL Sicurezza e il rispetto della costituzione in materia di diritti dei carcerati. Le attiviste principali dell’azione sono Laura Di Napoli, coordinatrice di Sardegna Radicale-Tonino Pascali e Chiara Squarcione, membro del direttivo di Europa Radicale e della giunta dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta.
«Sono questi i motivi che mi portano a chiedere alla Regione Sardegna di impugnare il decreto davanti alla Consulta (il DDL sicurezza, ndr)» – dichiara Laura Di Napoli – «perché peggiora le condizioni disumane delle carceri, aumentando sovraffollamento e degrado, ostacola la filiera legale della canapa, svuota l’autonomia delle Regioni, restringe libertà fondamentali, alimenta divisioni e paure».
Laura Di Napoli e Chiara Squarcione (foto concessa)
Sciopero della fame per i carcerati: come è iniziato
Oggi ricorre il decimo giorno di sciopero della fame per Laura Di Napoli e Chiara Squarcione. La loro azione nonviolenta si inserisce nell’ambito dell’iniziativa promossa da Nessuno tocchi Caino per sollecitare una risposta urgente al dramma del sovraffollamento carcerario e per sostenere la proposta di legge Giachetti, che rappresenta una riforma strutturale del sistema penitenziario.
Il Presidente del Senato Ignazio La Russa aveva già riconosciuto il sovraffollamento carcerario come problema prioritario il 15 maggio e ha indicato come possibile soluzione la proposta di legge sulla liberazione anticipata presentata dall’On. Roberto Giachetti (IV). Lo sciopero adesso è infatti accompagnato dalla richiesta che venga rispettato l’impegno assunto dall’On. Ignazio La Russa, che ha promesso di incontrare questa settimana l’On. Roberto Giachetti, promotore della proposta di riforma. Questo incontro può rappresentare un primo, concreto passo verso un cambiamento non più rimandabile.
Cosa chiedono adesso i radicali
Di Napoli e Squarcione chiedono adesso alla Regione Sardegna di seguire l’esempio dell’Emilia-Romagna e di impugnare il Decreto Sicurezza davanti alla Corte Costituzionale. Una richiesta che viene estesa a tutte le Regioni governate da forze politiche che hanno condannato pubblicamente il Decreto, affinché trasformino la loro posizione politica in un’azione concreta, assumendosi la responsabilità di difendere i principi costituzionali e i diritti delle persone.
Chiara Squarcione sottolinea: «La politica deve avere il coraggio di affrontare con lucidità e responsabilità la questione carceraria. Non si può più rimandare una riforma che riguarda la tenuta democratica del Paese e la credibilità delle istituzioni. Chiediamo l’estensione delle misure alternative alla detenzione, investimenti concreti nella salute e nella funzione rieducativa della pena, e la revoca immediata di normative che aggravano il sovraffollamento e violano principi costituzionali».
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Con questa ricerca tratteremo il modo in cui la cultura alimentare sarda si è legata col tempo all’antichissimo al folklore locale. Andremo a vedere come con certi rituali, spesso legati a suggestioni e credenze locali, le persone tentavano semplicemente di alleviare la vita di ogni giorno.
Non solo Pane: Folklore nella cultura alimentare sarda
Da sempre l’umanità ha individuato negli alimenti, o nei derivati animali e vegetali, tanto gli elementi utili a garantire la sopravvivenza in senso stretto, quanto gli aspetti delle valenze magico/rituali in funzione terapeutica o scaramantica.
Queste ultime a volte sconfinano in quella che è comunemente definita superstizione, a volte invece, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, si dimostrano realmente in grado di sconfiggere determinate malattie o di prevenirne l’insorgere.
Numerosi ricercatori hanno affrontato questo argomento con taglio diverso secondo la loro specializzazione.
Così abbiamo avuto, di volta in volta, spiegazioni di tipo sociologico, antropologico, psichiatrico e religioso ecc…
Non è mia intenzione tentare ulteriori analisi particolareggiate, per le quali rimando agli autori dei testi specifici della bibliografia essenziale citata
Semplicemente vorrei mostrare alcuni di questi aspetti legati agli alimenti, e rilevare come, nonostante la pressione delle culture egemoniche, che da sempre hanno tentato di sopprimerle, siano arrivate pressoché intatte fino ai giorni nostri e che solo oggi, stiano realmente svanendo nell’oblio a causa della massificazione dei costumi e della scomparsa della cultura orale tradizionale, che in alcuni casi era la sola deputata a tramandarle.
Storie di tradizione orale
Alcuni di questi riti magico/terapeutici sono già stati registrati, altri sono a tuttora assenti nei vari testi di d’etnologia.
Si riesce a venire a conoscenza solo dopo ore, o addirittura giorni, di paziente conversazione con le persone anziane.
Queste, infatti, tendono a riportare fatti per lo più già noti, o comunque che si sono conservati anche nella memoria più recente, chiudendo così il discorso con l’interlocutore.
Ma se si presenta loro la dovuta attenzione, anche quando si parla magari d’altro, improvvisamente salta fuori qualcosa di nuovo.
Qualcosa che magari era stato rimosso da una sorta di censura etica, o forse solo dimenticato.
Del resto, tutte le occasioni importanti, nell’arco dell’anno o della vita umana, sono sancite da tradizioni particolari, volte, come ho già detto, a tutelare un’esistenza che si prospetta precaria e in balia di eventi sconosciuti e ingovernabili.
Rituali esoterici per alleviare la vita
Cristiano Cani – Paste e dolci tipici della Sardegna
Ecco allora le storie di spiriti, di anime in pena che causano sofferenze, se non si rabboniscono in qualche modo.
Non si tratta di veri e propri riti di tipo apotropaico, bensì di azioni volte a migliorare le condizioni dei vivi, e con loro anche dei defunti, che spesso si aggirano ancora nel mondo nell’attesa della pace eterna, e che potrebbero essere addirittura parenti delle persone che “vanno a visitare”.
Queste si preoccupano quindi di rendere più lieve la loro attesa, con preghiere o azioni materiali volte a soddisfare le supposte necessarie.
A questo punto, anche il pianto, apparentemente senza motivo, di un bambino piccolo, che tra le braccia dei genitori non trova conforto, e nel lettino ancora meno, può essere causato da qualcosa di soprannaturale.
Ai genitori, ormai stremati, era consigliato, solitamente da un’anziana della famiglia, di mettere un pezzo di pane sotto il cuscino del piccolo, questi sotto la spinta della disperazione eseguivano, il bambino, dopo un po’, tornava tranquillo (non è dato sapere dopo quanto tempo) e con lui anche i genitori.
Le anime che lo infastidivano, trovato il pane, si erano messe a mangiare lasciandolo finalmente tranquillo.
Che le anime se ne andassero in giro giorno e notte cercando di mangiare non è una novità (basti pensare all’antico Egitto), ma in Gallura, ancora ai primi del novecento (e in alcune zone, anche oggi) la Notte dei Santi, si allestiva un vero e proprio banchetto ad uso e consumo delle stesse.
Una tovaglia bianca, apparecchiatura festiva, pane, vino e cibo, erano poggiati sul tavolo della cucina, la porta che si affacciava verso l’esterno era lasciata aperta e la famiglia andava a letto.
Le anime avrebbero avuto di che soddisfare la fame. Al mattino il tavolo era ripulito.
Nessuno aveva visto niente, solo a qualcuno era parso di sentire dei rumori provenienti dal locale in cui era esposto il cibo, ma del resto, chi mai si sarebbe sognato di andare a controllare?
Ovviamente poi, il fatto che il cibo fosse scomparso, dava ragione a chi quest’usanza continuava a perpetuarla
Solo qualcuno iniziava ad insinuare che forse non di anime si trattasse, ma di mendicanti o bontemponi…Inutile dire che la teoria era destinata a cadere inascoltata, o addirittura tacciata di eresia (ovviamente al contrario).
Anche la notte del 1° agosto si procedeva in modo simile
In quest’occasione si preparava un cunchinu di chjusoni (un bel piatto di gnocchi) conditi con formaggio e pomodoro fresco e, questa volta, si metteva sul davanzale.
Anche in questo caso, alle prime ore del giorno, il piatto era ripulito e le anime imbonite, con gran soddisfazione degli abitanti della casa che da questo fatto traevano auspici favorevoli per tutta la famiglia.
Di questa consuetudine rimane traccia nell’abitudine, ancora viva in alcune zone della Gallura, di preparare il 1° agosto, questa pietanza. Non sappiamo però se solo per i vivi, oppure anche per i trapassati.
Tradizioni al giorno d’oggi ormai perse
Un giustificato pudore impedisce di ammettere, oggi, una tale abitudine, anche per non essere esposti al ludibrio dei più “colti”.
Un’altra forma scaramantica, questa volta un po’ più complessa, anche perché gli informatori non sanno dare spiegazioni in merito, è quella di lu casju parafocu (il formaggio che ferma il fuoco).
In questo caso, il Giorno dell’Ascensione, l’allevatore/agricoltore prelevava una forma di cacio dalla scorta annuale, e, dopo averci inciso sopra, con un coltello, una croce, la conservava in un angolo della casa fino al termine della stagione estiva.
Questa forma possedeva la virtù di proteggere tutto il territorio, di proprietà dell’esecutore, dai temutissimi fuochi estivi.
Anche se, come già detto gli informatori non sanno spiegare questa usanza, da quanto dicono, pur non dichiarandolo apertamente, si può desumere che rappresentasse una sorta di tutela contro il male estremo per antonomasia.
Oltre a queste forme scaramantiche, altri espedienti costituiscono una via di mezzo tra queste e la medicina popolare.
Vi è, infatti, una fusione tra elementi magico – rituali ed altri che potrebbero avere, se opportunamente studiati, un riscontro spiegabile scientificamente.
Prendiamo ad esempio l’Ociu Casgju, preparato il giorno dell’Ascensione
Prendiamo ad esempio l’Ociu Casgju (olio del formaggio) che era preparato il Giorno dell’Ascensione.
In quella data si “segnavano” capretti e agnelli e si marchiavano i manzi. Mentre gli uomini attendevano a queste incombenze le donne preparavano il pranzo.
In questa occasione era d’uopo cucinare la mazza frissa, una salsa di condimento per gli gnocchi ottenuta con la panna di latte.
Durante la cottura, la panna rilasciava l’olio in essa contenuto, questo era raccolto in un vasetto e conservato per tutto l’anno come unguento medicinale, specificamente per lu mali di la ula e lu custuppatu (mal di gola e bronchi impegnati).
Spalmato sul torace e poi ricoperto cu la calta biaitta di la pasta (la carta straccia azzurra della pasta sfusa) o cu la bambacia (ovatta) era considerato infallibile.
In altre zone quest’olio veniva preparato il 3 febbraio.
In questo caso ci troviamo di fronte ad una corrispondenza perfetta tra il rito popolare e quello religioso,
Perché in questa data la Chiesa Cattolica celebra S.Biagio vescovo e martire (III-IV sec.)
A lui sono riconosciute qualità di taumaturgo, protettore degli animali, Santo dei fidanzati e… guaritore del mal di gola.
Questo perché avrebbe guarito un bambino che stava per morire soffocato da una spina di pesce;
Ma mentre la chiesa festeggia in quel giorno “la candelora”e nella cerimonia sacra sul collo dei fedeli il celebrante poggia una candela benedetta che poi, portata a casa, verrà utilizzata tutto l’anno con questa funzione.
Il popolo utilizza le sostanze che ha a disposizione, e che, se vogliamo, sono anche affini (cera – grasso) con le stesse finalità.
C’è da sottolineare che il fatto di sottolineare che il fatto di strofinare il torace con un unguento, causando il riscaldamento della zona interessata, potrebbe, in effetti, portare ad un miglioramento delle condizioni dell’ammalato.
Se poi questo unguento è stato preparato il giorno dell’Ascensione, e quindi nel periodo in cui le piante sono quasi al culmine delle loro proprietà curative, si può ipotizzare che parte delle loro sostanze attive si siano trasferite nel latte e quindi nel nostro olio.
È chiaro che sono solo ipotesi senza fondamento certo, ma quanta di questa saggezza popolare non è stata prima irrisa e poi accolta?
Si pensi semplicemente all’uso delle erbe, da sempre patrimonio della tradizione popolare ed ora accettata e ricercata da tutti.
Diverso il discorso dell’Uovo del giorno del 25 marzo
Qui, o ci si crede, o non ci si crede. Gli “antichi” ci credevano! L’uovo deposto dalla gallina il 25 Marzo, vale a dire nove mesi prima della nascita di Gesù, quindi nel giorno ipotetico del Suo concepimento, veniva raccolto e conservato in un luogo inaccessibile fino a Natale.
Non si doveva toccarlo per nessun motivo, pena la riuscita del “prodigio”, se ci si atteneva a queste regole, il giorno di Natale l’uovo sarebbe stato ormai di cera
A questo punto diventava anch’esso medicinale e, passato sulla gola malata, la guariva, poggiato su un arto dolorante ne leniva il dolore ecc…Questi sono solo alcuni esempi della miriade di riti che l’uomo ha ricercato o creato per risolvere i problemi di ogni giorno.
Oggi ci fanno sorridere, e forse ci meravigliamo dell’ingenuità dei nostri nonni, disposti a credere a simili panzane, ma…Stiamo bene attenti, perché, come si dice: “Quel che buttiamo via dalla finestra, rientra dalla porta”.
Quanti di noi, infatti, non si sono mai sentiti dire da qualcuno, non necessariamente più anziano: “Bevi il caffè stando seduto, altrimenti non diventerai mai ricco!”
E soprattutto, chi non si è seduto immediatamente, dopo una simile minaccia?
Quanti di noi, ancora, non si sono accodati alle schiere degli adepti della Notte di Halloween, muniti di zucca e sonagli, pronti ad andare in giro, all’insegna della nuova cultura egemone, per chiedere “dolcetto o scherzetto”? invece di: “Li molti e molti”, senza pensare che la festa di Halloween non è nient’altro che un rito simile a quelli che volutamente abbiamo seppellito, bollandoli come dabbenaggini da ignoranti.
Infine, visto che il filo conduttore del nostro discorso è la tradizione alimentare.
Come facciamo a sorridere dei nostri vecchi, che traevano auspicio da un piatto di gnocchi lasciato sul davanzale o dalle foglie d’olivo nummati (cui era dato il nome di un uomo e quello di una donna), gettate sul piano incandescente dei focolare se poi, puntualmente andiamo a guardare l’oroscopo del giorno.
E a Capodanno, per quanto già satolli, non rinunciamo a mangiare le lenticchie che, per il nuovo anno, saranno foriere di soldi?
E pensare che il Capodanno in Sardegna, una volta era in settembre …Una volta!…
Giudicessa d’Arborea, condottiera e legislatrice. Eleonora può essere definita, senza ombra di dubbio, la più nota dei personaggi del medioevo sardo, e forse di tutta la storia sarda, in quanto sovrana estremamente determinata nella difesa dell’indipendenza dell’isola.
Eleonora nacque probabilmente nel 1340 dalle nozze di Mariano IV
Nacque probabilmente nel 1340 dalle nozze di Mariano IV, giudice d’Arborea, con la nobildonna Timbora, figlia di Dalmazio, visconte dei Roccabertì.
La ragion di stato sancì le sue nozze con Brancaleone Doria, rampollo di una delle più illustri famiglie genovesi. Dall’unione nacquero due figli, Federico e Mariano.
La prima volta in cui Eleonora poté dimostrare le sue doti politiche e la tempra coraggiosa, fu nel marzo del 1383. In quel occasione suo fratello, il giudice d’Arborea Ugone III, con l’unica figlia Benedetta, caddero vittime di una rivolta popolare, forse causata dall’atteggiamento dispotico del giudice nei confronti dei sudditi.
Dopo quei drammatici fatti, la Corona de Logu chiamò a regnare Federico Doria-Bas, figlio primogenito poco più che decenne di Eleonora e Brancaleone; ma, poiché Federico, secondo le consuetudini del giudicato d’Arborea, era troppo giovane per assumere la pienezza dei poteri, fu deciso di porre in sua vece alla guida del giudicato sua madre Eleonora, allora quarantatreenne.
La juyghissa Eleonora si dimostrò dotata di straordinaria abilità politica e di grande forza d’animo
La juyghissa (così Eleonora é indicata dai documenti dell’epoca) si dimostrò dotata di straordinaria abilità politica e di grande forza d’animo, punendo con fermezza gli uccisori del fratello e stroncando in questo modo sul nascere un movimento orientato a costituire Oristano in comune indipendente posto sotto la protezione di Genova.
Intrapresa la lotta contro gli aragonesi, si trovò nel 1383 di fronte ad una situazione drammatica: l’arresto del marito Brancaleone.
Egli si era recato in Spagna, presso il sovrano catalano-aragonese Pietro il Cerimonioso, nel duplice intento di risanare la grave crisi che affliggeva l’Isola e di ottenere una pace vantaggiosa.
Trasferito a Cagliari, fu recluso nella Torre di San Pancrazio, dalla quale tentò, inutilmente, una rocambolesca fuga; fu dunque rinchiuso nella Torre dell’Elefante.
Eleonora si impegnò subito nelle trattative di pace. Nonostante tutti gli sforzi, però, Brancaleone fu rilasciato solo nel 1390, in seguito alla pace di Sanluri.
La pace fu stipulata nel 1388 tra la giudicessa e il sovrano Giovanni il Cerimonioso.
Questa pace fu causa di grave malcontento presso le popolazioni sarde. Questo fu poiché tutte le terre conquistate precedentemente e legate da giuramento di fedeltà al Giudicato d’Arborea, furono sciolte dal giuramento e tornarono nelle mani del sovrano iberico.
Gli Arborensi, guidati ancora una volta da Eleonora, diedero il segno della riscossa nel 1391, riuscendo a riconquistare una buona parte dei territori.
Un’altra tappa degna di nota nella vita di Eleonora è il 1392
Un’altra tappa assolutamente degna di nota nella vita e nell’opera di Eleonora è il 1392. In quell’anno la sovrana si distinse come avveduta e dinamica legislatrice, promulgando la Carta de Logu.
La Carta de Logu fu una raccolta di leggi nel campo del diritto positivo e processuale, civile e penale.
Redatte in sardo arborense ed articolate in 198 capitoli, nel proemio la giudicessa, animata da devozione filiale, dichiara di aver ripreso e arricchito la Carta de Logu di suo padre Mariano IV «sa quali cum grandissimu provvedimentu fudi facta».
Il codice arborense è un documento importantissimo. Esso rivela la volontà della giudicessa di collocare le antiche tradizioni del suo popolo nella cornice di uno stato di diritto, con un risultato che per l’epoca trova pochi confronti a livello europeo.
Del codice resta allo stato attuale un manoscritto del 1400, custodito presso la biblioteca universitaria di Cagliari. La Carta de Logu restò in uso fino al 1827, anno in cui fu sostituito dal Codice Feliciano promulgato dal re piemontese Carlo Felice.
Quanto alla famosa giudicessa, le fonti narrano che morì intorno al 1402. Ella fu forse vittima della “morte nera”, la peste, male che in quegli anni, falciò un gran numero di vite umane in tutta l’Europa
Uomo politico, tra i padri della costituzione italiana e dello statuto speciale per la Sardegna, leader della Democrazia Cristiana. Fu svariate volte ministro ed infine Presidente della Repubblica Italiana dal 1962 al 1964.
Nacque a Sassari nel 1891 da nobile e ricca famiglia di forte fede cattolica.
Si laureò in giurisprudenza nel 1913. Da giovane militò nel Partito Popolare Italiano e intraprese la docenza universitaria di diritto processuale che da Perugia, nel 1920, l’avrebbe portato a Cagliari, Sassari ed infine, dal 1951, a Roma.
Nel 1943 fu tra i fondatori della Democrazia Cristiana, di cui rappresentò l’ala conservatrice. Fece parte della consulta regionale sarda e dell’assemblea costituente.
Il futuro Ministro e Presidente venne eletto deputato nel 1948
Ricoprì importanti incarichi a livello ministeriale:
Sottosegretario per l’agricoltura e foreste nei governi Bonomi III, Parri, De Gasperi I, (anni 1944-1945);
Più volte Ministro dell’agricoltura e foreste e della pubblica istruzione nei governi De Gasperi e Pella, (anni 1946-1953);
Primo Ministro negli anni (1955-1957);
Vicepresidente del consiglio e Ministro della difesa nel II governo Fanfani (1958);
Premier prima e Ministro dell’interno poi negli anni 1959-1960;
Ministro degli esteri nel governo Tambroni e Fanfani III, (1960);
Ministro degli esteri nel IV governo Fanfani, (1962).
Presidente della Repubblica Italiana (1962-1964).
Dopo la carriera da Ministro fu Presidente della Repubblica Italiana
Fu Presidente della Repubblica Italiana dal maggio 1962 all’agosto 1964, quando si dimise per una sopraggiunta grave infermità.
Si devono a lui importanti provvedimenti in favore della Sila e della Puglia, nonché la legge di riforma agraria e molti provvedimenti in favore della Sardegna, tra questi l’istituzione della zona industriale di Porto Torres.
Antonio Segni fu anche uno dei costruttori dell’unità europea, per il quale impegno gli fu attribuito nel 1964 il Premio “Carlo Magno” della città di Aquisgrana. Morì a Roma nel 1972.
Giurista insigne, gettò le basi del moderno diritto internazionale marittimo. Nacque a Sassari nel 1749 da famiglia medio borghese.
Laureatosi nel 1772 in leggi, dopo due anni di pratica legale, nel 1774 lasciò Sassari alla volta di Torino. Qui esercitò la pratica forense e, nel 1777, divenne pubblico funzionario dell’ufficio generale delle regie finanze.
Inviato a Nizza come giudice del consolato del commercio e del mare, ebbe modo di dimostrare la propria competenza e iniziò a pubblicare il Dizionario universale ragionato di giurisprudenza mercantile, in quattro volumi (1786-1788).
Quest’opera era il risultato di una ricerca sistematica di leggi e consuetudini delle città europee e si imponeva per le concezioni ampie e innovative, che raccordavano cambio, traffici ed attività marinare attraverso norme internazionali.
Per il giurista sardo i riconoscimenti non si fecero attendere
Vittorio Amedeo III conferì all’Azuni il titolo e i privilegi di senatore (1789) e lo incaricò di redigere il piano per il codice della marina mercantile degli Stati Sardi (1791).
Occupata Nizza dai francesi nel 1792, lo studioso fu costretto ad abbandonare la città ed a rifugiarsi a Torino. Iniziò un periodo difficile, segnato dalle invidie per la sua rapida e brillante carriera, che lo portò a trasferirsi a Firenze.
Chiese di tornare in Sardegna con un impiego ufficiale, ma anche questo, per volere degli stamenti sardi, gli fu negato. Seguirono privazioni e altri trasferimenti a Modena, Trieste e Venezia.
Nonostante le difficoltà, l’Azuni continuò a studiare, giungendo a pubblicare nel 1796 Sistema universale dei principi del diritto marittimo d’Europa, opera importantissima che gli valse la cittadinanza onoraria della città di Pisa (1796) e l’incarico da parte di Napoleone di redigere con altri giuristi il nuovo codice marittimo e commerciale francese (1801).
Negli anni 1799-1802 ebbe anche modo di dedicare alla Sardegna, sempre amata nonostante il rifiuto patito, le opere Essai sur l’histoire géographique, politique te naturelle du royaume de Sardaigne e Histoire géographique, politique et naturelle de la Sardaigne.
Queste opere mettevano in evidenza la centralità strategica dell’isola nel Mediterraneo e ne analizzavano le problematiche economiche in un’ottica straordinariamente moderna.
Pubblicò Droit Maritime de l’Europe nel 1805 e Origine et progrès de la législation maritime nel 1810, anno in cui fu anche nominato da Bonaparte cavaliere dell’Impero.
Gli ultimi anni
Con la successiva caduta di Napoleone, di cui era ritenuto un sostenitore, l’Azuni fu esonerato da ogni incarico. Come conseguenza si ritrovò a vivere nella sua casa di Genova in un’umiliante indigenza.
Nel 1818 il giurista Azuni entrò nella Reale Società Agraria ed Economica cittadina
Nel 1818, per l’intervento di influenti personaggi vicini al re Vittorio Emanuele I, fu nominato giudice del Supremo Magistrato del Consolato di Cagliari. Entrò infine a far parte della Reale Società Agraria ed Economica cittadina.
Dal 1820 alla pensione, avvenuta nel 1825, fu presidente della biblioteca universitaria di Cagliari: ruolo che svolse con particolare passione, rilanciando l’istituzione.
Morì nel 1827 lasciando i suoi beni ad una giovane donna, Maria Carpi, che l’aveva assistito fino alla fine con l’affetto di una figlia. Fu sepolto, come egli espressamente indicò, nella chiesa di Bonaria.
Latifondista sardo-punico originario di Cornus. Parliamo di Amsicora, protagonista della rivolta che nel 215 a.C. vide contrapposti i sardi ai romani.
Gli episodi salienti della ribellione sono giunti fino a noi attraverso due importanti fonti latine : Tito Livio, storiografo di età augustea, e Silio Italico, poeta del periodo flavio.
La vicenda di Amsicora si svolse negli anni critici della seconda guerra punica
I dominatori romani, per far fronte alle spese del conflitto contro Annibale, attuavano in Sardegna una durissima politica fiscale, imponendo tributi e requisizioni granarie.
Fu così che i sardi, logorati dal malcontento e stanchi dell’arroganza romana, si ribellarono schierandosi apertamente con Cartagine.
Il senato della metropoli africana decise di appoggiare i rivoltosi inviando nell’isola uno dei suoi uomini più validi: Asdrubale il Calvo.
Il senato romano di contro affidò il comando delle operazioni militari al valente generale Tito Manlio Torquato.
La rivolta di Amsicora ebbe come epicentro la pianura del basso Tirso
La rivolta ebbe come epicentro la pianura del basso Tirso con i suoi fiorenti centri punici, tra cui Cornus, considerata da Livio la “capitale” della regione.
Furono i possidenti terrieri sardo-punici di queste città, che temevano di rimanere vittime delle confische romane, a farsi promotori del movimento di liberazione.
Alla testa dei possessores ribelli vi era Amsicora, definito da Tito Livio «il primo, di gran lunga, per prestigio e per ricchezze».
Si narra che il primo atto dell’offensiva ebbe luogo mentre Amsicora si trovava nei monti della Barbagia
Egli si era recato in quei luoghi con l’intento di coinvolgere nella ribellione le tribù dei Balari e degli Iliensi, i cosiddetti “Sardi Pelliti” (Sardi coperti di pelli) della testimonianza liviana.
Nel frattempo Josto, figlio e luogotenente di Amsicora, in assenza del padre, affrontò imprudentemente Tito Manlio Torquato con i suoi 22.000 fanti e 1.200 cavalieri, subendo una dura sconfitta.
In questo scontro, probabilmente nel Campidano di San Vero Milis, perirono 3.000 rivoltosi e 800 uomini furono fatti prigionieri.
Mentre il vittorioso Manlio si ritirava verso Carales, le forze di Amsicora e di Asdrubale si riunivano per organizzare una nuova offensiva.
Quest’ultima battaglia si svolse in una località non lontana da Carales, forse tra Sestu e Decimo, e vide vittoriosi i romani
Morirono 12.000 sardo-punici, 3.700 furono catturati, fra questi Asbrubale. Josto, secondo il racconto di Silio Italico, cadde vittima della lancia di Ennio, illustre poeta latino che in quegli anni serviva fra le truppe romane di stanza in Sardegna.
Amsicora, sconvolto per la morte del figlio e per l’esito disastroso della battaglia, si uccise durante la notte perché nessuno potesse impedirgli di compiere l’estremo gesto.
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