Mar. Giu 17th, 2025

Cronaca

Cronaca locale (Sardegna e Italia)

15 giorni di sciopero della fame per Di Napoli. L’appello: «Agire in difesa della costituzione»
‎ Laura Di Napoli, militante radicale, è oggi al sedicesimo giorno di sciopero della fame (è arrivata al quindicesimo il 24 maggio 2025)

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Di Napoli non ferma lo sciopero della fame. Laura Di Napoli, militante radicale, è oggi al sedicesimo giorno di sciopero della fame (è arrivata al quindicesimo il 24 maggio 2025). Un’azione nonviolenta per difendere il diritto dei detenuti a manifestare pacificamente il proprio dissenso, senza essere puniti con la revoca delle misure alternative. Si tratta di una battaglia per il rispetto del diritto allo sciopero, sancito dalla Costituzione, e per la tutela della libertà personale, oggi gravemente compromesse dal DDL Sicurezza.


I militanti radicali di Sardegna Radicale-Tonino Pascali e Nessuno Tocchi Caino rivolgono ora un appello alla Regione Autonoma della Sardegna e alla Regione Toscana, affinché si assumano la responsabilità di non limitarsi alla condanna simbolica, ma promuovano un ricorso alla Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. Si tratterebbe di un passo necessario per impedire che norme in evidente contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento possano produrre effetti devastanti.

Di Napoli al 15° giorno di sciopero della fame
Laura Di Napoli il 24 maggio 2025 (foto concessa)


Il decreto, oltre a colpire le garanzie dei detenuti, rischia anche di far chiudere 800 aziende italiane a causa del contenuto proibizionista riguardante la cannabis, colpendo interi settori produttivi e aggravando le diseguaglianze.


Lo sciopero della fame di Laura Di Napoli è un atto di resistenza nonviolenta che interpella la coscienza civile e istituzionale del Paese. Spetta ora alla Regione Toscana e alla Sardegna di fare la loro parte, nel rispetto del patto costituzionale.

(in copertina immagine di repertorio Nuova Isola)

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Concerto rock a Porto Torres, arriva il RENAR Rock Festival
‎ Le attività musicali che non smettono di stupire. Per l’estate turritana 2025 arriva il concerto rock underground che non ti aspetti

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Concerto rock a Porto Torres, le attività musicali che non smettono di stupire. Per l’estate turritana 2025 arriva il Renar Rock Festival, una serata di musica live presso la spiaggia della Renaredda (Piazza Eroi dell’Onda, pressi ex centro velico). L’evento comincerà a partire dalle ore 19:00 del 1° giugno 2025. Ingresso libero.

Dal tramonto del primo giugno Porto Torres torna a far sognare. Una serata di musica underground, con artisti emergenti e non, in una location imperdibile. La spiaggia della Renaredda, un tempo sporca e occupata dal deposito carburanti della Shell e ora località centralissima ed elegante, ospiterà quest’estate un evento musicale tanto imperdibile quanto raro, data la difficoltà a trovare eventi del genere nel panorama del nord-ovest Sardegna.

Locandina dell’evento

Già dalla sua prima edizione il RENAR Rock Festival risulta un evento imperdibile che merita tutto il supporto possibile per farlo continuare. Insomma, un concerto rock a Porto Torres che non si vede tutti i giorni.

RENAR Rock Festival prima edizione. Gli artisti coinvolti

I gruppi coinvolti nella prima edizione sono composti sia da artisti emergenti che da volti noti nel panorama fra Sassari e Porto Torres.

  • La Terapia (Diego Budroni, Simone Dore, Federico Reni, Federico Meloni);
  • Gli Ipnotici (Alessio Mulas, Massimiliano Derosas, Paolo Cintura);
  • GKG (Alessandro Griecco, Gabriele Ledda, Gabriele Mureddu);
  • Post Coital Tristesse (Nazar, Matteo, Lorenzo e Alessandro).

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Transfobia a Sassari. «denunciate e contrastate»
‎ Non c’è limite ai trogloditi. La violenza fisica e verbale passa spesso e volentieri dalle parole ai fatti.

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Transfobia a Sassari, non c’è limite ai trogloditi. A seguito dell’attenzione mediatica della Nuova Sardegna data alle persone transgender, dapprima con un’inchiesta critica sul tema e infine con un’intervista alle attiviste locali, i sassaresi hanno mostrato il peggio di sé. Limitati con la mentalità, frustrati e incapaci di discernere la realtà con la finzione, per il sassarese medio la persona transgender è solamente un oggetto sessuale oppure una macchietta utile al pubblico ludibrio, come raccontata nei più squallidi cinepanettoni degli anni Novanta.

Le aggressioni fisiche e verbali

Sia recentemente che in generale la violenza fisica e verbale passa spesso e volentieri dalle parole ai fatti. Nei giorni scorsi sono state infatti aggredite due persone. Se con una di queste si sono cimentati con insulti gravi e personali riguardo alla sua identità, con l’altra sono arrivati addirittura a lanciarle addosso della spazzatura.

L’ultima intervista, la shitstorm e la risposta di Trans*Support!

Estratto del comunicato social

Dopo l’intervista riparativa presso La Nuova Sardegna a cura di Paolo Ardovino, alle attiviste sono arrivate successivamente «minacce di morte e di violenze di ogni tipo».

«Esiste una cultura transfobica, omofoba, sessista e fascista» – conclude il comunicato – «fingere di non vederla significa essere parte di essa».

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Sciopero della fame, Di Napoli e Squarcione sono al decimo giorno

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Sciopero della fame ad oltranza, ora sono dieci giorni. Alla data del 19 maggio 2025 Sardegna Radicale-Tonino Pascali, Nessuno Tocchi Caino, Europa Radicale e Associazione Radicale Adelaide Aglietta comunicano1comunicato del 19.05.25 “DECIMO GIORNO DI SCIOPERO DELLA FAME PER CHIEDERE LA RIFORMA DELLE CARCERI, IL RITIRO DEL DECRETO SICUREZZA E IL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE” il proseguimento dello sciopero della fame ad oltranza. La protesta nonviolenta è nata per chiedere la riforma delle carceri, il ritiro del DDL Sicurezza e il rispetto della costituzione in materia di diritti dei carcerati. Le attiviste principali dell’azione sono Laura Di Napoli, coordinatrice di Sardegna Radicale-Tonino Pascali e Chiara Squarcione, membro del direttivo di Europa Radicale e della giunta dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta.

«Sono questi i motivi che mi portano a chiedere alla Regione Sardegna di impugnare il decreto davanti alla Consulta (il DDL sicurezza, ndr)» – dichiara Laura Di Napoli – «perché peggiora le condizioni disumane delle carceri, aumentando sovraffollamento e degrado, ostacola la filiera legale della canapa, svuota l’autonomia delle Regioni, restringe libertà fondamentali, alimenta divisioni e paure».

Laura Di Napoli e Chiara Squarcione (foto concessa)

Sciopero della fame per i carcerati: come è iniziato

Oggi ricorre il decimo giorno di sciopero della fame per Laura Di Napoli e Chiara Squarcione. La loro azione nonviolenta si inserisce nell’ambito dell’iniziativa promossa da Nessuno tocchi Caino per sollecitare una risposta urgente al dramma del sovraffollamento carcerario e per sostenere la proposta di legge Giachetti, che rappresenta una riforma strutturale del sistema penitenziario.


L’apertura di Ignazio La Russa

Il Presidente del Senato Ignazio La Russa aveva già riconosciuto il sovraffollamento carcerario come problema prioritario il 15 maggio e ha indicato come possibile soluzione la proposta di legge sulla liberazione anticipata presentata dall’On. Roberto Giachetti (IV). Lo sciopero adesso è infatti accompagnato dalla richiesta che venga rispettato l’impegno assunto dall’On. Ignazio La Russa, che ha promesso di incontrare questa settimana l’On. Roberto Giachetti, promotore della proposta di riforma. Questo incontro può rappresentare un primo, concreto passo verso un cambiamento non più rimandabile.

Cosa chiedono adesso i radicali

Di Napoli e Squarcione chiedono adesso alla Regione Sardegna di seguire l’esempio dell’Emilia-Romagna e di impugnare il Decreto Sicurezza davanti alla Corte Costituzionale.

Una richiesta che viene estesa a tutte le Regioni governate da forze politiche che hanno condannato pubblicamente il Decreto, affinché trasformino la loro posizione politica in un’azione concreta, assumendosi la responsabilità di difendere i principi costituzionali e i diritti delle persone.

Chiara Squarcione sottolinea: «La politica deve avere il coraggio di affrontare con lucidità e responsabilità la questione carceraria. Non si può più rimandare una riforma che riguarda la tenuta democratica del Paese e la credibilità delle istituzioni. Chiediamo l’estensione delle misure alternative alla detenzione, investimenti concreti nella salute e nella funzione rieducativa della pena, e la revoca immediata di normative che aggravano il sovraffollamento e violano principi costituzionali».

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Gattino lanciato dal ponte a Lanusei: ennesima violenza contro animali

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LANUSEI (NU): In Sardegna la crudeltà ingiustificata contro gli animali non si ferma. Dopo i fatti di Porto Torres, nelle prime giornate di luglio la violenza si è spostata a Lanusei, in Ogliastra. Alcuni ragazzini minorenni, identificati in seguito dai Carabinieri Forestali e denunciati per maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544-ter, hanno infatti lanciato un gattino di poche settimane giù da un ponte, verso uno strapiombo. Mentre uno commetteva l’azione, il resto del gruppo filmava la scena divertito. Il filmato sarebbe poi stato volontariamente fatto girare sui social network e condiviso tramite le varie app di messaggistica istantanea.

Per l’associazione LNDC Animal Protection «L’intenzione era quella di uccidere, su questo non c’è alcun dubbio, perché nessuno può pensare che un gattino possa sopravvivere a un volo di quel tipo. Le immagini sono veramente agghiaccianti e fa male pensare al terrore che quel micio deve aver provato in quegli ultimi istanti di vita». Il caso del gattino lanciato dal ponte a Lanusei è l’ennesimo atto di violenza estrema contro gli animali avvenuta in Sardegna negli ultimi mesi. Già nelle scorse settimane Lav Sardegna aveva segnalato i troppi casi di violenza nell’isola, dovuti secondo la loro ricostruzione, tra le altre cose, ad una «subcultura antropocentrica che considera gli animali alla stregua di oggetti inanimati». Sempre Lav Sardegna ammoniva infine le istituzioni regionali rammentando che queste violenze «forniscono un ritratto distorto della Sardegna, facendola apparire come una terra di trogloditi».

Gattino lanciato da un ponte a Lanusei: le dichiarazioni di Piera Rosati (LNDC Animal Protection):

LNDC Animal Protection, che aggiunge alla denuncia già fatta dall’Arma un’ulteriore contestazione ai sensi dell’art. 544-bis del codice penale (reato di uccisione di animali), rilascia le sue dichiarazioni in merito tramite la voce della presidente Piera Rosati:

L’intenzione era quella di uccidere, su questo non c’è alcun dubbio, perché nessuno può pensare che un gattino possa sopravvivere a un volo di quel tipo. Le immagini sono veramente agghiaccianti e fa male pensare al terrore che quel micio deve aver provato in quegli ultimi istanti di vita. Fa male anche pensare che tutta questa crudeltà ed efferatezza siano opera di ragazzi giovani, ancora minorenni, a cui evidentemente manca del tutto il senso di empatia e di rispetto per la vita degli altri. Come si può pensare che una cosa del genere sia divertente? Il ragazzo che ha lanciato il gatto è preoccupante, ma tutti gli altri che guardavano e ridevano non sono certo da meno. Trovare divertente una cosa del genere è inquietante e deve far riflettere in primis i loro genitori, ma anche tutta la società. Sempre più spesso capitano situazioni di questo tipo, con giovani e giovanissimi che maltrattano e uccidono animali inermi, e questo è un segnale allarmante per la società odierna e soprattutto per quella futura. Questi ragazzi saranno gli adulti di domani ed evidentemente non stanno ricevendo gli strumenti adeguati per crescere in maniera sana

Piera Rosati, 8 luglio 2024

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Giada Zanola, uccisa a Vigonza dal compagno geloso

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Giada Zanola e il suo compagno Andrea Favero si sarebbero dovuti sposare a settembre. Lei però non se la sentiva più, ed aveva comunicato al compagno la decisione di volersi separare. Fu così che Giada Zanola, mamma di 33 anni, è stata spinta dal cavalcavia della A4 nei pressi di Vigonza (PD) dall’ex compagno, definito dagli amici «gelosissimo e possessivo». 

Giada Zanola col compagno Andrea Favero condivideva anche un bimbo di tre anni. Anche se inizialmente sembrava un suicidio, gli amici della donna hanno da subito smentito questa pista, raccontando di come Giada fosse una persona solare e molto affezionata al suo bambino. Dopo i primi rilievi il fascicolo d’indagine aperto è diventato fin da subito di omicidio volontario a carico dell’ex tossico.

Secondo gli agenti, l’omicidio sarebbe avvenuto dopo l’ennesima lite tra i due, sul ponte dell’autostrada non distante dall’abitazione dove vive la coppia. L’uomo avrebbe spinto la donna giù dal cavalcavia sulla carreggiata sottostante, con una caduta di 15 metri. Dopo l’identificazione del corpo della giovane mamma, l’uomo (che era ritornato a casa aspettando la notizia del ritrovamento) aveva fornito una ricostruzione distorta delle ultime ore per depistare le indagini. Troppe incongruenze sono però riemerse durante l’interrogatorio. A quel punto l’uomo avrebbe fatto alcune ammissioni parziali.

Il compagno attualmente si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato.

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Aggredito il giornalista Alberto Dandolo. «non rompere i c*glioni»

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Alberto Dandolo, giornalista presso i periodici Oggi e Dagospia, sarebbe stato aggredito in casa da due persone e pestato a sangue. Stando a quanto riferito, il motivo è stato puramente intimidatorio. I due aggressori avrebbero infatti inveito contro il giornalista «Devi farti i cazzi tuoi. La devi smettere di rompere i coglioni».

Stando alle ricostruzioni riportate da Adnkronos, due persone dall’accento del centro Italia, accompagnate forse da una terza per fare il palo, si sarebbero introdotte nella casa del giornalista per commettere la violenza. Il giornalista, ripresosi dallo shock e medicato dalle ferite ricevute, ha ricevuto la solidarietà sia del giornale Dagospia, del direttore del settimanale Oggi Carlo Verdelli, e del presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Vittorio Di Trapani. Carlo Verdelli comunica, riportato da Open, «posso solo dire che mi auguro come tutti che la magistratura e le forze dell’ordine facciano delle indagini approfondite per capire chi ha fatto questo. A una persona che lavora come giornalista e che non ha scritto niente di grave. È un segno gravissimo per chiunque fa questo mestiere».

«Siamo abituati a pressioni, minacce, querele, diffide» – comunica invece Dagospia – «Ora siamo alla violenza fisica. Ma continueremo a fare il nostro lavoro e a denunciare, finché ci sarà possibile, chi ce lo impedisce».

L’aggressione contro Alberto Dandolo mette in risalto un problema giá noto nel paese. L’Italia, secondo Reporter Senza Frontiere, é al 2023 al 41° posto per la libertà di stampa. L’anno prima, nel 2022, era al 58° posto. Secondo i report il paese soffre ancora di «una certa paralisi legislativa» a tutela del lavoro dei giornalisti, oltre al frequente fenomeno delle intimidazioni e delle minacce dalla criminalità organizzata e dai vari gruppi estremisti violenti.

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Simaxis, gambizzato per droga ad Oristano. Aggressori arrestati

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Simaxis (OR): Presero a fucilate Davide Desogus per questioni di droga il 19 dicembre 2023. Francesco Nicolò Mascia, 27 anni, e Stefano Corrias di 37 sono stati raggiunti dai carabinieri della stazione di Oristano per essere arrestati e portati in carcere. Ancora non identificato un terzo complice.

La vittima, Davide Desogus, era già stato condannato in primo grado per traffico di sostanze stupefacenti ed arrestato svariate volte per droga sempre nell’Oristano.

Secondo quanto ricostruito, Stefano Corrias agì assieme ad un altro complice non identificato. Diede appuntamento a Davide Desogus in un luogo appartato per l’acquisto di due chili di cocaina. Nel frattempo Nicolò Mascia si nascose, armato di fucile, ed al momento opportuno si palesò minacciando Desogus. Gli altri due intimarono al 28enne di consegnare la droga, che però rifiutò e lanciò la busta in un canale. A quel punto, per rappresaglia, venne esplosa la fucilata. I tre recuperarono poi metà del carico di cocaina, mentre il ferito fu portato all’ospedale da un amico. I militari in seguito avrebbero poi ritrovato circa un chilogrammo di cocaina nelle vicinanze del luogo dell’agguato.

I reati di droga ad Oristano, cosa dicono i dati

In contrasto a ciò, Oristano, anche nel 2023, è stata confermata la provincia più sicura d’Italia. Con 1.658,1 denunce registrate ogni 100mila abitanti è al 106esimo posto in Italia, ovvero ultima della classifica e conseguentemente, la provincia più tranquilla d’Italia. la statistica tuttavia indica anche qualche dato preoccupante: Oristano è settima per i tentati omicidi con 5 denunce (3,2 ogni 100 mila abitanti) e nona per gli omicidi volontari consumati con due denunce (1,3 delitti per 100mila abitanti).

Oristano infine è la provincia più sicura d’Italia per i furti (106esima con 344,1 denunce ogni 100 mila abitanti) e le lesioni dolose (106esima e 54,5 denunce ogni 100 mila abitanti), seconda per le estorsioni, truffe e frodi informatiche, riciclaggio e impiego di denaro e ai primissimi posti per incendi, rapine e contraffazione di marchi e prodotti industriali.

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Firenze: intitolata una piazza a Daisaku Ikeda

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FIRENZE: Il giorno 13 aprile 2024 il Comune di Firenze ha intitolato una piazza a Daisaku Ikeda, maestro buddista e costruttore di pace recentemente deceduto (1928-2023). Ikeda era Presidente onorario della Soka Gakkai, il più grande movimento buddista laico al Mondo. Era inoltre cittadino onorario di Firenze dal 2017.

Si è svolta nella Città di Firenze l’intitolazione presso la rotonda di via Reginaldo Giuliani 562 di una piazza in onore di Daisaku Ikeda. L’evento si è svolto alla presenza del Sindaco Dario Nardella e del Presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai Alberto Aprea. La decisione vuole commemorare i profondi rapporti che il Maestro Ikeda aveva con l’Italia e con la città di Firenze in particolare. Sempre lo stesso Ikeda, nato e vissuto in Giappone, arrivò per la prima volta a Firenze nel 1981.

Lo stesso Dario Nardella commenta la decisione affermando che «Ricordare il Maestro Ikeda non significa solo ricordare il grande pensatore, filosofo, maestro e guida spirituale ma anche ricordare un uomo la cui dedizione concreta a promuovere la pace è stata una potente costante durante tutta la sua vita».

Chi era Daisaku Ikeda

Daisaku Ikeda è stato un filosofo buddista. Nella sua lunga vita è stato un costruttore di pace, educatore nonché scrittore e poeta. La sua figura è strettamente legata alla Soka Gakkai ed alla Soka Gakkai Internazionale, e per tutta la sua esistenza si è dedicato alla diffusione della pace e dell’empowerment individuale su scala globale basandosi sugli insegnamenti del Buddismo di Nichiren Daishonin. Giunse ad abbracciare il Buddismo dopo l’incontro con Josei Toda, insegnante e pacifista nonché fondatore insieme a Tsunesaburō Makiguchi dell’organizzazione buddista laica Soka Gakkai.

Daisaku Ikeda, secondo le parole dell’assessora alla confessioni religiose del Comune di Firenze Maria Federica Giuliani è stato «Una delle personalità più significative nel panorama internazionale per il dialogo interculturale ed interreligioso a favore della pace».

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Beniamino Zuncheddu potrebbe non ricevere risarcimento dallo Stato

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Beniamino Zuncheddu, detenuto ingiustamente per 33 anni, potrebbe non ricevere alcun indennizzo dallo Stato. Questo perché secondo la Corte di Appello non c’è certezza della sua colpevolezza, ma con l’insufficienza di prove, neanche della sua innocenza.


Leggi anche: Beniamino Zuncheddu assolto dopo 33 anni in carcere: «Mi hanno rubato la vita, ora ho bisogno di un risarcimento» (Il Messaggero)


Basterebbe un cavillo burocratico per permettere allo Stato italiano di non pagare alcun risarcimento per Beniamino Zuncheddu. L’ex pastore sardo, sempre per colpa dello Stato, ha infatti visto la sua vita rovinata dopo essere stato ingiustamente condannato per la strage del Sinnai. Per questo fatto di sangue avvenuto l’8 gennaio 1991 egli fu giudicato come esecutore materiale della strage. Ciononostante fu poi assolto il 26 gennaio 2024 in seguito alla revisione del processo.

Appena dopo l’assoluzione, intercettato dai microfoni del quotidiano Open, egli dichiarò «Sono contentissimo, è un’emozione inspiegabile». Ma oggi è arrivata l’ennesima delusione da parte dello Stato.

Riporta Il Messaggero che il processo di revisione della quarta sezione della Corte di Appello di Roma «non ha condotto alla dimostrazione della certa ed indiscutibile estraneità di Beniamino Zuncheddu […] ma ha semplicemente fatto emergere un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza».

Sempre secondo i giudici «La già esile speranza di poter pervenire ad una ricostruzione veritiera ed attendibile dello svolgimento dei fatti dopo trent’anni è stata gravemente pregiudicata dalla forte attenzione mediatica riservata a questa vicenda».

Beniamino Zuncheddu: per lui la partita è ancora aperta

A giugno 2024 l’avvocato difensore Mario Trogu presenterà la richiesta di risarcimento. In questa occasione spiegherà come quel verdetto sia una seconda ingiustizia ai danni dell’ex pastore.

L’avvocato Trogu commenta: «Le nostri tesi sull’innocenza di Beniamino sono state tutte accolte nella motivazione. Ma poi il tutto sfocia in quelle conclusioni non condivisibili e che sono infatti la parte più deludente della sentenza. Nonostante il castello di accuse contro Beniamino sia crollato dall’inizio alla fine, i giudici scrivono che l’assoluzione non è piena perché l’imputato non ha dimostrato la sua totale estraneità ai fatti».

Sempre in conclusione egli tuona: «È un ragionamento, quello finale dei magistrati, che contrasta con la Costituzione, la nostra legge processuale ed anche con quanto sempre sostenuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: La presunzione di innocenza. Perché fino a quando la responsabilità non è provata, l’imputato va considerato comunque innocente».

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