Nel borgo partenopeo nella zona nord-occidentale della città metropolitana di Napoli Giugliano in Campania, una pittoresca situazione di degrado si porta avanti da anni. In questa zona periferica infatti le prostitute di strada esercitano l’attività nella stessa via dove sorge la Parrocchia san Matteo Apostolo, luogo dove periodicamente bambini in età scolare si recano accompagnati dai genitori per le lezioni di catechismo. Già nel 2014 l’allora parroco don Luigi Puglieseaveva lanciato l’allarme, auspicando perfino l’intervento dell’esercito.
Da allora, nonostante l’apparente supporto delle istituzioni, le prostitute davanti all’oratorio non sembrano essere scomparse. Di contro, i genitori dei bambini, ormai esasperati dal degrado ed intimoriti dalla possibilità che i figli facciano brutti incontri per la strada caratterizzata dal viavai continuo ed a tutte le ore della clientela, chiedono al parroco il nullaosta per portare i propri figli a frequentare altrove le lezioni, anche a costo di ritrovasi a decine di chilometri da casa. Il parroco però ha rifiutato, temendo un completo svuotamento della sua parrocchia.
Sempre l’attuale parroco don Massimo Condidorio, ha lanciato invece un deciso appello tramite la rete regionale “Teleclubitalia”. Grazie anche ai suoi predecessori la parrocchia di san Matteo Apostolo è diventata infatti da decenni un punto di riferimento della gioventù della periferia circostante, con un campo di calcetto attrezzato e spazi di socializzazione dedicati. Il fenomeno delle prostitute davanti all’oratorio, che porta un giro losco di clientela, sembrerebbe scontrarsi in maniera incompatibile con questa realtà immacolata.
Il degrado portato dalla prostituzione non regolamentata non è il solo fattore di disagio nella zona di Giugliano. Sempre il parroco nelle settimane scorse aveva ripulito assieme a dei volontari la strada dai rifiuti gettati dagli automobilisti. Sui social invece l’instancabile sacerdote è attivamente impegnato a denunciare i roghi tossici della zona che mettono a rischio la salute dei residenti.
(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons credit:Ralfdix CC BY-SA 3.0)
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
A causa dell’imminente vertice dei capi di Stato e di governo del G7 in programma in Puglia, l’Italia sospenderà temporaneamente lo spazio Schengen. La decisione di sospendere i trattati di libera circolazione nasce da una necessità di una maggiore sicurezza per l’evento in cantiere. Il Vertice dei Leader del G7 si svolgerà dal 13 al 15 giugno in Puglia.
Il Viminale ha comunicato che «come da prassi consolidata dagli Stati in occasione di eventi analoghi, le frontiere saranno temporaneamente soggette a controlli». La sospensione dello spazio Schengen ed il ripristino dei controlli inizierà ufficialmente dalle ore 14.00 di mercoledì 5 giugno 2024 per terminare alle ore 14.00 di martedì 18 giugno 2024.
Il 1° gennaio 2024 l’Italia ha assunto per la settima volta la Presidenza del G7. Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti d’America si riuniscono ciclicamente al summit del G7 . Al summit parteciperanno anche i rappresentanti dell’Unione Europea. La Presidenza italiana durerà fino al 31 dicembre 2024 e prevede un programma di riunioni tecniche ed eventi istituzionali lungo tutto il territorio nazionale.
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LANUSEI (NU): In Sardegna la crudeltà ingiustificata contro gli animali non si ferma. Dopo i fatti di Porto Torres, nelle prime giornate di luglio la violenza si è spostata a Lanusei, in Ogliastra. Alcuni ragazzini minorenni, identificati in seguito dai Carabinieri Forestali e denunciati per maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544-ter, hanno infatti lanciato un gattino di poche settimane giù da un ponte, verso uno strapiombo. Mentre uno commetteva l’azione, il resto del gruppo filmava la scena divertito. Il filmato sarebbe poi stato volontariamente fatto girare sui social network e condiviso tramite le varie app di messaggistica istantanea.
Per l’associazione LNDC Animal Protection «L’intenzione era quella di uccidere, su questo non c’è alcun dubbio, perché nessuno può pensare che un gattino possa sopravvivere a un volo di quel tipo. Le immagini sono veramente agghiaccianti e fa male pensare al terrore che quel micio deve aver provato in quegli ultimi istanti di vita». Il caso del gattino lanciato dal ponte a Lanusei è l’ennesimo atto di violenza estrema contro gli animali avvenuta in Sardegna negli ultimi mesi. Già nelle scorse settimane Lav Sardegnaaveva segnalato i troppi casi di violenza nell’isola, dovuti secondo la loro ricostruzione, tra le altre cose, ad una «subcultura antropocentrica che considera gli animali alla stregua di oggetti inanimati». Sempre Lav Sardegna ammoniva infine le istituzioni regionali rammentando che queste violenze «forniscono un ritratto distorto della Sardegna, facendola apparire come una terra di trogloditi».
Gattino lanciato da un ponte a Lanusei: le dichiarazioni di Piera Rosati (LNDC Animal Protection):
LNDC Animal Protection, che aggiunge alla denuncia già fatta dall’Arma un’ulteriore contestazione ai sensi dell’art. 544-bis del codice penale (reato di uccisione di animali), rilascia le sue dichiarazioni in merito tramite la voce della presidente Piera Rosati:
L’intenzione era quella di uccidere, su questo non c’è alcun dubbio, perché nessuno può pensare che un gattino possa sopravvivere a un volo di quel tipo. Le immagini sono veramente agghiaccianti e fa male pensare al terrore che quel micio deve aver provato in quegli ultimi istanti di vita. Fa male anche pensare che tutta questa crudeltà ed efferatezza siano opera di ragazzi giovani, ancora minorenni, a cui evidentemente manca del tutto il senso di empatia e di rispetto per la vita degli altri. Come si può pensare che una cosa del genere sia divertente? Il ragazzo che ha lanciato il gatto è preoccupante, ma tutti gli altri che guardavano e ridevano non sono certo da meno. Trovare divertente una cosa del genere è inquietante e deve far riflettere in primis i loro genitori, ma anche tutta la società. Sempre più spesso capitano situazioni di questo tipo, con giovani e giovanissimi che maltrattano e uccidono animali inermi, e questo è un segnale allarmante per la società odierna e soprattutto per quella futura. Questi ragazzi saranno gli adulti di domani ed evidentemente non stanno ricevendo gli strumenti adeguati per crescere in maniera sana
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Giada Zanola e il suo compagno Andrea Favero si sarebbero dovuti sposare a settembre. Lei però non se la sentiva più, ed aveva comunicato al compagno la decisione di volersi separare. Fu così che Giada Zanola, mamma di 33 anni, è stata spinta dal cavalcavia della A4 nei pressi di Vigonza (PD) dall’ex compagno, definito dagli amici «gelosissimo e possessivo».
Giada Zanola col compagno Andrea Favero condivideva anche un bimbo di tre anni. Anche se inizialmente sembrava un suicidio, gli amici della donna hanno da subito smentito questa pista, raccontando di come Giada fosse una persona solare e molto affezionata al suo bambino. Dopo i primi rilievi il fascicolo d’indagine aperto è diventato fin da subito di omicidio volontario a carico dell’ex tossico.
Secondo gli agenti, l’omicidio sarebbe avvenuto dopo l’ennesima lite tra i due, sul ponte dell’autostrada non distante dall’abitazione dove vive la coppia. L’uomo avrebbe spinto la donna giù dal cavalcavia sulla carreggiata sottostante, con una caduta di 15 metri. Dopo l’identificazione del corpo della giovane mamma, l’uomo (che era ritornato a casa aspettando la notizia del ritrovamento) aveva fornito una ricostruzione distorta delle ultime ore per depistare le indagini. Troppe incongruenze sono però riemerse durante l’interrogatorio. A quel punto l’uomo avrebbe fatto alcune ammissioni parziali.
Il compagno attualmente si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato.
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Alberto Dandolo, giornalista presso i periodici Oggi e Dagospia, sarebbe stato aggredito in casa da due persone e pestato a sangue. Stando a quanto riferito, il motivo è stato puramente intimidatorio. I due aggressori avrebbero infatti inveito contro il giornalista «Devi farti i cazzi tuoi. La devi smettere di rompere i coglioni».
Stando alle ricostruzioni riportate da Adnkronos, due persone dall’accento del centro Italia, accompagnate forse da una terza per fare il palo, si sarebbero introdotte nella casa del giornalista per commettere la violenza. Il giornalista, ripresosi dallo shock e medicato dalle ferite ricevute, ha ricevuto la solidarietà sia del giornale Dagospia, del direttore del settimanale Oggi Carlo Verdelli, e del presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Vittorio Di Trapani. Carlo Verdelli comunica, riportato da Open, «posso solo dire che mi auguro come tutti che la magistratura e le forze dell’ordine facciano delle indagini approfondite per capire chi ha fatto questo. A una persona che lavora come giornalista e che non ha scritto niente di grave. È un segno gravissimo per chiunque fa questo mestiere».
«Siamo abituati a pressioni, minacce, querele, diffide» – comunica invece Dagospia – «Ora siamo alla violenza fisica. Ma continueremo a fare il nostro lavoro e a denunciare, finché ci sarà possibile, chi ce lo impedisce».
L’aggressione contro Alberto Dandolo mette in risalto un problema giá noto nel paese. L’Italia, secondo Reporter Senza Frontiere, é al 2023 al 41° posto per la libertà di stampa. L’anno prima, nel 2022, era al 58° posto. Secondo i report il paese soffre ancora di «una certa paralisi legislativa» a tutela del lavoro dei giornalisti, oltre al frequente fenomeno delle intimidazioni e delle minacce dalla criminalità organizzata e dai vari gruppi estremisti violenti.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani annuncia la ripresa, da parte italiana, dei finanziamenti all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi. I finanziamenti erano bloccati da gennaio 2024, in seguito alla pubblicazione di un report del governo israeliano che accusava alcuni dipendenti dell’Unrwa di aver partecipato al massacro del 7 ottobre 2023.
L’annuncio è stato dichiarato dopo un colloquio bilaterale con il leader dell’ANP Mohammad Mustafa e la premier Giorgia Meloni, assieme al ministro Antonio Tajani. Nonostante l’Italia non riconosca la Palestina come uno stato, a Palazzo Chigi il leader palestinese, riferisce ANSA, è stato accolto con tutti gli onori. Il ricevimento è stato celebrato con varie formalità di rito, dalla bandiera palestinese issata sulla facciata accanto al tricolore e al drappo europeo, alla stretta di mano con la premier sulla soglia del palazzo finendo poi con il al picchetto d’onore dei corazzieri. Per la Meloni adesso è prioritario un «cessate il fuoco sostenibile». Per Antonio Tajani invece «L’Italia, grazie alle sue posizioni equilibrate, vuole svolgere un ruolo di ponte».
Nel 2022, il contributo complessivo dell’Italia all’Unrwa è stato pari a 14 milioni di euro, rendendola uno dei principali sostenitoridell’agenzia.
La decisione è nata perché, con il passare del tempo, sono aumentati i dubbi sulla legittimità delle accuse mosse da Israele. Ora l’Italia ha la priorità di «affrontare sia l’emergenza umanitaria del popolo palestinese e le sue legittime aspirazioni ad avere un proprio Stato, sia le altrettanto legittime esigenze di sicurezza di Israele». Già dal 7 maggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva invitato il governo italiano a riprendere i finanziamenti all’Unrwa.
(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons)
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Nuovo emendamento proposto dal governo Meloni al ddl Sicurezza attualmente in esame alla Camera. Questo emendamento recentemente proposto porterebbe ad una nuova stretta, vietando l’utilizzo della cannabis light (quella con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2% in vendita in Italia) per il consumo umano, relegandola a soli scopi industriali.
La proposta, se accettata, porterebbe il commercio o la cessione di infiorescenze della sostanza finora legale ad essere punito con le norme del Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti, parificando cioè il prodotto light a quello tradizionale non depotenziato tra l’altro già legale in molti paesi fra i quali di recente la Germania.
Le reazioni alla proposta sono state fin da subito critiche. Il segretario di +Europa Riccardo Magiha definito questa mossa «una spinta repressiva e punitiva immotivata». Oltre che per il passo indietro in chiave conservatrice, uno dei maggiori timori è rivolto al mondo del lavoro, poiché si andrebbe a distruggere un settore (quello del commercio e della rivendita di prodotti a base di cannabis light) che dal 2016 ha avuto un enorme sviluppo, con un giro d’affari di 45 milioni di euro già nel 2017.
Cosa è la cannabis light e perché non può essere considerata una droga
Alla fine del 2016 in Italia, a seguito della legge 242/2016 che prevede una tolleranza fino allo 0,6% di THC, è iniziato il commercio su larga scala dei prodotti a base di marijuanadepotenziata. Questi prodotti, conosciuti sul mercato con vari nomi quali canapa legale, cannabis light, cannabis CBD o marijuana light, non hanno effetti psicotropie non possono essere considerati come droghe.
L’Italia ha legalizzato l’uso di cannabinoidi per finalità mediche già nel 2007. A dicembre del 2016 viene invece legalizzata la canapa industriale, ed il 22 maggio 2018 il Ministero dell’Agricoltura ha approvato l’uso di prodotti contenenti fino a 0.2% di THC per cannabis sativa.
L’OMS inoltre ha dichiarato che il CBD (cannabinoide principale presente nei prodotti attualmente in vendita in Italia) non comporta rischi di dipendenza e non causa cambiamenti dell’umore o del comportamento.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
ROMA – Sempre più caldo e acido, con una proliferazione di mucillagini dall’Adriatico al Tirreno: il Mediterraneo soffoca e si presenta ogni estate con un malanno in più o più grave.
A rischio non solo l’ambiente ma anche la nostra sicurezza alimentare e il turismo.
A lanciare l’allarme rosso per il Mare Nostrum è Greenpeace in un inedito dossier dal titolo ‘Un mare d’inferno-il Mediterraneo e il cambiamento climatico che per la prima volta mette tutte insieme, nero su bianco, le emergenze documentate.
“Per il Mediterraneo finora abbiamo per così dire navigato per ‘spot’, cioè a seconda dei singoli allarmi. Ora invece – ha detto all’ANSA Alessandro Giannì responsabile campagne Greenpeace e curatore del dossier – abbiamo finalmente il quadro completo di quello che succede a tavola, nel turismo, nell’ambiente”. In particolare, scrive Greenpeace “il Mediterraneo è già cambiato e in peggio”.
Negli strati profondi del Mediterraneo é stato dimostrato un aumento annuo di temperatura dell’ordine di 0,004 gradi ma “più in superficie, e lungo le coste, l’ aumento delle temperature è di gran lunga maggiore.
L’aumento medio registrato nel Mediterraneo nord-occidentale è di un grado negli ultimi trenta anni, mentre l’ondata di calore del 2003 è stato l’evento più caldo registrato sott’acqua (oltre che su terraferma in Europa) degli ultimi 500 anni”.
Le conseguenze sono sulla pesca ma anche su specie di spugne, coralli (compreso il corallo rosso) e gorgonie. Altro fenomeno sempre più frequente le mucillagini sia in Adriatico che nel Tirreno: l’effetto soffocamento dei fondali può essere grave.
A RISCHIO ALTO ADRIATICO, SUD E TIRRENO DEL NORD
Kenneth J. Gill – Studenti in protesta (2022)
Alto Adriatico, mari del sud Italia (Sicilia, Puglia e Calabria), e Alto Tirreno (soprattutto Arcipelago Toscano e mar Ligure): queste le tre aree del mare italiano che registrano i cambiamenti climatici già in atto.
A scattare la fotografia dei rischi delle acque made in Italy il responsabile campagne di Greenpeace, Alessandro Giannì, curatore del dossier ‘Un mare d’inferno-il Mediterraneo e il cambiamento climatico, che raccoglie i documenti scientifici del fenomeno riscaldamento. Ecco in particolare le aree più sensibili in Italia:
ALTO ADRIATICO e DELTA DEL PO
È una delle aree più sensibili ai cambiamenti climatici perché è un’area particolare, è un mare chiuso e più sensibile sia alla temperatura in aumento che ai cambiamenti del livello del mare.
MARI MERIDIONALI
Le acque di Sicilia, Puglia e Calabria, per ragioni geografiche, sono colpite dal fenomeno delle specie ‘aliene’ quelle specie cioè che non fanno parte del nostro patrimonio nativo ma che, provenienti soprattutto dal Canale di Suez si, sono installate nei nostri mari e, favorite da condizioni climatiche.
ALTO TIRRENO E MAR LIGURE
Espansione di specie sempre più a nord come i barracuda (nel ’93 assenti dall’Isola d’Elba e ora presenti e con ciclo vitale) o il colorato donzella pavonia. Ma anche il luccio di mare, caratteristico in Sicilia, e oggi nel Mar Ligure dove era assente fino a 15 anni fa.
Per non parlare delle alghe come la Caulerpa racemosa, proveniente dalla Libia, che ha coperto gran parte dei fondali soprattutto dell’Arcipelago Toscano (40% dei fondali dell’isola di Montecristo) e a Livorno, presente anche a soli 30 centimetri di profondità, quindi anche nelle pozze di scogliera. Segnalazioni arrivano anche dalla Sicilia.
Per la Caulerpa taxifolia (l’alga killer, che negli anni ’90 ha fatto parlare molto di se’ e mangiatrice della Posidonia, la pianta che dà ossigeno al Mediterraneo), un enorme nucleo è presente tra l’Italia e la Francia (da dove è partita), un’altra piccola chiazza è presente a Livorno, poi altre chiazze all’Isola d’Elba e in Sicilia nel parco delle Egadi.
SANTUARIO DEI CETACEI
Il triangolo tra la Toscana, la Liguria, il Principato di Monaco e la Corsica sembra spopolarsi di balene e delfini che invece dovrebbero godere di questa ‘casa’ creata per loro.
“La diminuzione di cetacei nel Santuario – ha detto Giannì – sembra legata all’effetto clima ma, per ora, sono solo sospetti e non ci sono pubblicazione scientifiche in grado di dimostrarlo”.
Un reato ogni 500 metri di costa: in totale 14.544 spalmati sui 7.400 km di litorali nazionali.
E a far soffrire il mare italiano ci pensa soprattutto il cemento.
Questa la fotografia scattata dal dossier di Legambiente ‘Mare Monstrum 2009’ che racconta le storie dell’assalto alla linea di costa della penisola italiana, presentato a Roma per salutare la partenza della 24/a edizione di Goletta Verde, oggi in Friuli Venezia Giulia, da Grado.
I reati sono in aumento dell’1,6% rispetto al 2007 quando erano 14.315. Cresce anche il numero delle persone denunciate che da 15.756 passa a 16.012 mentre diminuiscono i sequestri che da 4.101 scendono a quota 4.049.
In cima alla classifica dell’illegalità costiera ci sono le regioni del sud
Con 2.776 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto la Campania guida la classifica, seguono la Sicilia (2.286) e la Puglia (1.577).
Si registrano illeciti negli scarichi e nella depurazione: in calo del 5,5%, rimangono ancora molto elevati, con 1.810 infrazioni, 2.141 denunce e arresti (più 8,2%).
La Sardegna guida la classifica con 362 infrazioni. In aumento del 10,6% anche la pesca di frodo e quella illegale (da 5.189 a 5.741 reati) con “preoccupanti segnali di infiltrazioni mafiose” (199.896 chili di pesce sequestrato in Sicilia).
COSTE MANGIATE DA CEMENTO, PRIMO NEMICO
Il mare del Bel Paese viene mangiato dal cemento che è “il primo nemico delle coste italiane: dal calcestruzzo illegale o ‘legalizzato’ in Italia si “impasta senza sosta ai danni del mare”.
Questo il dato che emerge dal dossier di Legambiente ‘Mare Monstrum’, presentato a Roma in occasione della 24/a edizione di Goletta Verde, che conferma come il cemento sia “divoratore di litorali”.
Così, prosegue il rapporto, “tra villette, alberghi e porti turistici sono migliaia i nuovi edifici che ogni estate spuntano lungo le coste italiane”: soltanto nel 2009 a causa del mattone selvaggio si sono registrate 3.674 infrazioni, con 1.569 sequestri e 4.697 denunce.
Esempi di abusi sono quelli di Ischia, con 600 demolizioni da effettuare, e quello di Lampedusa, dove non esiste un piano regolatore. Mentre “l’assalto ai nuovi porti” deroga ai piani urbanistici per “un business da milioni di euro” ai danni delle coste.
“Abbattere diviene la parola d’ordine – dichiara Sebastiano Venneri, vicepresidente e responsabile mare di Legambiente – per vincere la guerra contro il cemento abusivo che nelle regioni del sud è diventato una vera e propria piaga”.
Legambiente ha stilato una top five degli ecomostri da abbattere: L’hotel di Alimuri a Vico Equense (Na), le palazzine di Lido Rossello a Realmonte (Ag), Palafitta a Falerna (Cz), il villaggio abusivo di Torre Mileto (Fg) e la “collina del disonore” a Pizzo Sella alle porte di Palermo.
DA LITORALE FLEGREO A CROTONE, LA LISTA DEI CATTIVI
C’è il litorale Domizio-Flegreo e la zona archeologica di Capo Colonna a Crotone: dalla Campania alla Calabria, dal Veneto all’Abruzzo e al Molise, poi Sicilia, Lazio, Toscana e Liguria.
Sono queste le bandiere nere 2009 assegnate da Legambiente ai “pirati” che hanno “danneggiato il mare e la costa”.
Ecco la lista dei ‘cattivi’ stilata da Legambiente:
Veneto
A ‘Volare Venezia’ per il progetto di villaggio turistico su palafitte nel Delta del Po, su scanno Palo, a Porto Tolle: 4-5 punti di ristoro, per la costruzione di un nuovo collegamento mobile a sud e un percorso sospeso sull’acqua verso circa 200 unità abitative poste su palafitte.
Abruzzo
Al comune di Francavilla per il resort sulla spiaggia, ora sotto sequestro della magistratura
Molise
Al comune di Termoli per la scelta di costruire un deposito ittico a ridosso delle mura medievali del borgo antico.
Calabria
Al sindaco di Crotone per il mancato abbattimento degli abusi nell’area archeologica di Capo Colonna, dove 35 manufatti abusivi permangono indisturbati, nonostante una sentenza della Cassazione dopo un iter giudiziario cominciato nel 1995.
Sicilia
Al comune di Palermo per il mancato abbattimento delle ville abusive costruite dalla mafia negli anni 70 a Pizzo Sella.
Campania
la bandiera viene assegnata per la terza volta a Regione, commissario di governo per le Acque, Arpa e diverse amministrazioni comunali e provinciali per la mancata depurazione delle acque del litorale Domizio-flegreo, per “l’ immobilismo e la pessima gestione degli impianti di depurazione campani.” Il cattivo funzionamento riguarda i cinque impianti di Cuma, Foce Regi Lagni, Acerra, Napoli nord e Caserta.
Lazio
Alla provincia di Latina e al sindaco di Sabaudia per le aggressioni al lago di Paola.
Toscana
Al comune di San Vincenzo per la speculazione edilizia nella tenuta di Ripigliano; – In Liguria alla ‘Porto di Imperia spa’ per aver realizzato uno degli approdi più grandi, con oltre 1000 posti barca, una mega speculazione con un danno pesante al territorio costiero e all’ambiente marino.
ROMA: La Presidenza del Consiglio dei Ministri fa sapere, tramite comunicato stampa, che la Presidente del consiglio Giorgia Meloni ha avuto un colloquio telefonico con il monarca Abd Allāh II ibn al-Ḥusayn, Re del Regno di Giordania. Tema cardine della conversazione è stata la situazione geopolitica del Medio Oriente dopo l’attacco iraniano contro Israele.
La situazione di relativa stabilità andata a compromettersi dopo l’Attacco di Hamas a Israele del 2023 e la conseguente reazione definita ormai da diversi osservatori come “sproporzionata” da parte del Primo ministro israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu rischia di degradare in un escalation di violenza ancora più grave. L’attacco di Teheran sferrato nella notte del 13 aprile contro Israele ha aggravato infatti una situazione già di per sé critica. Netanyahu, che secondo Josep Borrel “Ha dimostrato di non dar troppo ascolto a quello che gli viene detto”, ha minacciato infatti dure rappresaglie contro l’Iran.
Secondo l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell “Il Medio Oriente è vicino all’abisso, bisogna evitare il peggio”. Ai microfoni della radio spagnola Cadena Ser, Borrell ha detto poi che tutti stanno “facendo il massimo” dal punto di vista diplomatico per far sì che un’eventuale risposta di Israele non costituisca “Un ulteriore grado in un’escalation”.
Escalation in Israele: Il colloquio Italia-Giordania
L’ufficio stampa del Governo italiano fa sapere che il colloquio fra Giorgia Meloni e Re Abdallah II si è focalizzato sull’esigenza di evitare un’ulteriore escalation nella regione. La Presidente Meloni ha ricordato l’importanza di porre fine alla crisi a Gaza, continuando a lavorare per un cessate il fuoco immediato e sostenibile e per il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas.
I due Leader hanno quindi discusso della risposta alla crisi umanitaria a Gaza che vede la Giordania svolgere un ruolo di primo piano. La Presidente Meloni ha ribadito infine l’impegno italiano nel fornire assistenza umanitaria alla popolazione della Striscia. Giorgia Meloni ed il Re Abdallah II hanno poi concordato di mantenersi in stretto contatto nelle prossime settimane.
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