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Riunificazione delle Forze Armate libiche: La situazione al 2023

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ROMA: Il 22 marzo 2023 il Capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone ed il suo omologo del Governo di Unità Nazionale Libico Muhammad Al-Haddad hanno firmato un accordo che affida all’Italia il compito di addestrare le forze speciali libiche.

Questo è un passo avanti sia per la pacificazione del paese in crisi dal 2011 sia per la stabilizzazione geopolitica dell’area, che inizierebbe a perdere influenza dal Cremlino.

Per le fonti italiane questo è un passo in avanti che implica una rimodulazione della presenza militare italiana nel Paese africano 

Con questo nuovo accordo infatti la Missione italiana in Libia (MIASIT), concentrata attualmente su un supporto meramente sanitario nelle zone di Misurata, adesso può assumere una nuova veste in grado di tutelare anche gli interessi politici e militari di Roma nella sua ex colonia ed iniziare un operazione di stabilizzazione su una scala più ampia.

Per Roma infatti è di fondamentale importanza sostenere progetti di stampo militare considerati indispensabili per sbloccare la situazione difficile che il paese soffre da anni.

Un esempio concreto di questi progetti prevede la costituzione di battaglioni unitari tripolino-cirenaici da poter inviare in missione in luoghi come Fezzan, la provincia meridionale della Libia sede di importanti stabilimenti petroliferi e minerari ed attualmente diventata passaggio obbligato per traffici illegali di ogni tipo.

Province Libia

La ricostituzione unitaria delle Forze Armate è alla base della stabilizzazione della Libia

Alcuni analisti sostengono che la scelta italiana di addestrare le forze speciali del Governo di Tripoli sia una mossa che non consente la distensione dei rapporti tra la stessa Tripoli e Tobruk.

Secondo altre fonti invece l’accordo Cavo Dragone-Haddad si inserisce proprio nel solco della nuova politica militare “unitaria” mirata alla costruzione di un esercito unico chiesta a gran voce da Washington e sostenuta anche dai più disparati partner impegnati nel processo di stabilizzazione del paese.

Con questo accordo l’unificazione delle Forze Armate libiche, seppur molto lontana, non è più una chimera

Il progetto, venuto fuori lo scorso 2 marzo a ridosso della African Chiefs of Defense Conference, è sostenuto con entusiasmo dagli Stati Uniti. L’augurio di Washington è abbastanza palese: allentare i rapporti, finora molto stretti, tra l’LNA di Haftar e la Russia di Putin.

Mosca infatti, attraverso la presenza radicata del Gruppo Wagner in Cirenaica, ha rafforzato la cooperazione militare con il gruppo che fa riferimento al Maresciallo Khalifa Haftar. Lo scopo ultimo russo sarebbe quello di rafforzare la propria presenza all’interno del Mediterraneo.

Il processo di riunificazione delle Forze Armate libiche, allo stato attuale ancora embrionale, è una delle chiavi di volta per impedire alla Russia di espandere la propria presenza nel paese africano ed è sostenuto da Roma, Ankara, Londra, Parigi e Washington.

Tutte queste potenze, schierate su fronti diversi nella crisi libica, concordano all’unanimità su un punto fondamentale: evitare il radicamento dell’influenza russa in Libia e ricostituire lo Stato libico per avviare la stabilizzazione della fascia regionale che va dal Sahel alla costa mediterranea dell’Africa.

La riunificazione delle Forze Armate libiche risponderebbe quindi ad una doppia esigenza: allentare la presa del Cremlino in Libia ed accelerare il passo per la stabilizzazione del Paese.

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Note


“legge russa” in Georgia, l’ira popolare sfuria nelle piazze

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Migliaia di giovani sono scesi in piazza contro la nuova “legge russa” per proteggere il loro Paese dal rischio di tornare sotto l’orbita di Mosca e scongiurare l’abbandono del cammino verso l’UE.

Un provvedimento, quello della “legge russa”, voluto dal partito al governo Sogno Georgiano-Georgia Democratica (kartuli otsneba – demok’rat’iuli sakartvelo) ed inteso dalle opposizioni come una minaccia alla libertà dei media ed alle aspirazioni del Paese svincolarsi dall’influenza di Mosca. L’appellativo di “legge russa” deriva infatti dalla somiglianza del provvedimento con la legislazione in vigore in Russia, che ostacola sul nascere i media indipendenti e tutte le realtà politiche dissidenti nei confronti del Cremlino.

Con grande travaglio, martedì 14 maggio il parlamento della Georgia ha approvato in terza ed ultima lettura la contestata legge sugli agenti stranieri. La legge prevede che le ONG ed i media indipendenti che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti da donatori stranieri dovranno registrarsi come organizzazioni “portatrici di interessi di una potenza straniera”.

I cosidetti portatori di interessi di una potenza straniera sarebbero poi monitorati dal ministero della Giustizia e potrebbero essere costretti a condividere informazioni sensibili. I manifestanti, che protestano in piazza da mesi, temono che la legge venga utilizzata dal governo per reprimere il dissenso in un’ottica filorussa ed antidemocratica.

Nelle sempre più aspre proteste ci sarebbero anche decine di arresti tra i manifestanti. La polizia è intervenuta a Tbilisi per disperdere i dimostranti con l’impiego di gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma. Poco dopo il voto di martedì, alcuni delle migliaia di manifestanti radunatasi davanti il Parlamento hanno sfondato le recinzioni di ferro installate sul perimetro esterno del palazzo e fatto ingresso nel cortile.

La “legge russa” anti-ONG. Perché queste sono così importanti

La corruzione endemica nel paese dal crollo dell’Unione Sovietica ha portato le ONG a diventare mediatori cruciali tra attori economici locali e donatori internazionali.

Dal 2003, sempre più professionisti delle ONG hanno ottenuto ruoli governativi di alto livello. Di conseguenza, allo stato attuale oltre 25mila ONG operano nel paese, con il 90% dei fondi provenienti dall’estero.

Se la “legge russa” fosse approvata, questi flussi potrebbero essere minacciati, destabilizzando settori chiave come istruzione, sanità, giustizia, agricoltura ed infrastrutture, poiché le organizzazioni georgiane non riuscirebbero a ricevere finanziamenti locali né supporto pubblico sufficiente.

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Le donne con disabilità trascurate dalla Commissione europea

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L’8 marzo 2025 la Commissione europea ha pubblicato un cronoprogramma1Documento “A Roadmap for Women’s Rights” del 07.03.25 che riporta i punti fondamentali per rafforzare i diritti delle donne. Tuttavia, non si menziona niente riguardo una maggiore tutela per le donne con disabilità. Questo, secondo Andre Felix, responsabile della comunicazione dell’European Disability Forum (EDF), è una mancanza incomprensibile e imperdonabile.

Con questa tabella di marcia la Commissione intende rafforzare il suo impegno per l’emancipazione delle donne e delle ragazze. L’obiettivo finale è quello della piena realizzazione di una società equa dal punto di vista del genere in Europa e nel mondo. Il documento prodotto ha lo scopo infatti di fornire indicazioni per le future misure del prossimo paper riguardante una Strategia per la parità di genere2Gender Equality Strategy.

Nello specifico però, il documento della Commissione non fa alcuna menzione all’inclusione significativa nella leadership e nel processo decisionale delle donne e delle ragazze con disabilità. Nel documento poi non si dichiara nessuna misura per vietare e porre fine alla sterilizzazione forzata e nessuna azione mirata per ridurre il livello di povertà all’interno della categoria.

«Donne e ragazze con disabilità non possono più essere lasciate indietro» – Commenta Pirkko Mahlmäki, presidentessa del Comitato per le donne dell’EDF – «ora è cruciale che queste vengano incluse nel prossimo documento sulla strategia per la parità di genere».

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