Mar. Giu 17th, 2025

Attualità

Attualità locale (Sardegna e Italia)

Referendum 8 e 9 giugno. Fratelli e fratellastri d’Italia
‎ L’elmo di Scipione Africano, quello decantato da Mameli nel Canto degli Italiani, sembra essere troppo stretto per accogliere tutti i suoi figli.

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Italiani veri, ma non per tutti. In Italia, secondo un’elaborazione di Openpolis, nel 2023 erano 1 milione i ragazzi di seconda generazione (ovvero quelli nati in Italia ma con genitori immigrati, NdR). Si parla di ragazzi e ragazze che hanno studiato in Italia tutta la vita. Per intenderci queste persone pensano, scrivono e leggono in italiano. Alcuni di questi già lavorano oppure lavoreranno in Italia, contribuendo allo sviluppo del nostro territorio, del nostro paese e della nostra economia, pagando le tasse qui.

Immigrati di seconda generazione. Non solo i nati in Italia

Nella seconda generazione, però, possono rientrare secondo alcuni studiosi anche i figli di quei migranti che non sono nati in Italia, ma sono stati portati qui dai genitori già da piccolissimi. Queste persone infatti affrontano lo stesso percorso di un bambino nato in Italia da genitori italiani o di un bambino nato in Italia da genitori stranieri. Attualmente però per questi casi l’iter per la cittadinanza non è lo stesso.

Partiamo dall’inizio. Come si ottiene la cittadinanza

Per i figli di genitori italiani vige il diritto di sangue (lo ius sanguinis) per il quale è italiano ogni persona con almeno un genitore con cittadinanza italiana. Per le persone nate da genitori stranieri nati in Italia, nella maggior parte dei casi, la cittadinanza può essere richiesta al compimento del diciottesimo anno di età, a patto di poter dimostrare di aver vissuto ininterrottamente in Italia da tutta la vita. Chi è nato all’estero da genitori stranieri, invece, la procedura è molto più complessa.

I nati all’estero da madre e padre stranieri

Se i genitori non acquisiscono la cittadinanza quando i bambini sono ancora minorenni, scattato il diciottesimo anno di età i ragazzi possono fare richiesta come ogni altro cittadino straniero, a patto di essere in possesso di requisiti specifici:

  • Residenza stabile in Italia da dieci anni;
  • Conoscenza certificata della lingua italiana almeno a livello B1;
  • Reddito minimo di 8.263,61 euro all’anno, a patto di essere celibi o nubili (altrimenti la cifra sale);
  • Assenza di condanne penali.

Queste regole valgono solo per i cittadini extracomunitari. I cittadini UE invece possono richiedere la cittadinanza dopo soli quattro anni, se sono già in possesso degli altri requisiti.

Gli italiani lasciati indietro. Burocrazia e requisiti irragiungibili

Facsimile documento di identità italiano (CC0 1.0)

Letto così, a discapito dell’evidente discriminazione tra cittadini europei e non europei, potrebbe anche sembrare un processo abbastanza lineare, ma bisogna considerare vari fattori.

In primis, la residenza stabile si dimostra con i contratti d’affitto, che spesso i proprietari di casa tendono a non fare in regola, o con le prove dell’acquisto di una casa e la residenza legale presso quell’indirizzo, quando però acquistare una casa costa parecchi soldi che spesso neanche gli Italiani per ius sanguinis hanno.

In secondo luogo, se consideriamo il reddito, quello dev’essere dimostrato da contratti in regola e soprattutto dev’essere continuativo nei tre anni precedenti alla richiesta. Con la condizione del precariato in Italia, dove spesso si è costretti ad accettare di lavorare senza contratto o dove si viene licenziati ingiustamente dal giorno alla notte, il requisito del reddito continuativo è già difficilmente ottenibile, e comunque da solo non basta.

Le procedure burocratiche spesso si protraggono per anni. Questi si aggiungono ai già dieci di residenza, arrivando quindi anche a quindici o vent’anni. I giudici nel mentre cancellano o rimandano udienze, le leggi cambiano e le procedure si modificano. Questo trasforma la cittadinanza italiana in un’oasi nel deserto per tutti quegli Italiani che ancora non lo sono su carta.

Come si è arrivati al referendum dell’8 e 9 giugno

L’anno scorso, il comitato di Referendum Cittadinanza, sostenuto da varie forze politiche di centro, centrosinistra e sinistra, ha lanciato un referendum di iniziativa popolare volto a modificare il tetto da dieci a cinque anni per i cittadini extra comunitari.

In soli 20 giorni, gli italiani hanno aderito in massa all’iniziativa raggiungendo 637.487 firme (su 500.000 necessarie, raggiunte il 24 settembre 2024), mandando più volte in down il sito del Ministero della Giustizia volto alle iniziative popolari. La Corte Costituzionale, poi, ha dichiarato ammissibile il referendum, e gli elettori sono stati convocati alle urne per i prossimi 8 e 9 giugno.

Referendum cittadinanza. Figli d’Italia ma non suoi cittadini

Ispirato da uno degli ultimi post dell’account Instagram dell’attivista Madonnafreeda dal titolo Fatevi cinque giorni nella vita di un immigrato, poi vediamo se cinque anni sono troppo pochi, decido di cercare qualcuno che abbia vissuto sulla sua pelle l’iter per capirne meglio le implicazioni.

Quando parlo con Maria Pascaru, studentessa ventisettenne di Anglistica presso La Sapienza, mi dice subito che lei vive qui da vent’anni ed è arrivata dalla Moldavia da quando ne aveva sette. Si è integrata, ha studiato e frequentato amici e compagni italiani.

«Quando sei piccolo non capisci perché le persone si comportino in questo modo con te o perché tu venga percepito come un alieno». Ci ridacchia sopra, mentre mi racconta della scuola. Mi dice anche di essere cresciuta con una madre single.

Quest’ultimo fatto ha danneggiato i suoi requisiti, a causa del reddito familiare troppo basso che non le permetteva di fare richiesta di cittadinanza. Alla fine è riuscita a farla solo a dicembre 2021, ottenendola a dicembre 2024.

Nessuna scorciatoia o privilegio. Solo un riconoscimento

«Moltissimi miei amici mi hanno detto che era scontato che avessi dovuto averla per il modo in cui mi sono integrata, per quanto parlo bene visto che molti italiani non sanno usare nemmeno il congiuntivo [ride], per tutto quello che io, mia madre e mio fratello abbiamo investito qui».

Mi parla poi delle sue difficoltà:
«Dieci anni te li fai, devi avere un aggancio economico per potertelo permettere perché ormai il posto fisso non si trova più. Quando ho fatto richiesta, Salvini aveva fatto alzare di cinquanta euro il bollettino, e che fai, te li paghi. Con i documenti da far tradurre all’ambasciata si alza tutto a tre piotte (trecento euro, NdR) più o meno».

«Quando dovevamo firmare [per l’approvazione del referendum], io non potevo ancora e facevo girare e firmare agli amici perché non era ancora molto conosciuta l’iniziativa».

Continua, prima di dirmi che sta cercando di capire come fare la tessera elettorale per votare al referendum e quanto si senta felice di non dover più fare la fila per rinnovare il permesso di soggiorno.

«È un’Odissea continua, chi dice che la regalano a tutti non ha idea di quanto faccia schifo quel sito (il sito delle richieste per la cittadinanza, NdR), ti chiedono pure i peli che hai sul corpo».

Poi, infine aggiunge:
«Mia madre se n’è accorta, di come veniamo trattati in maniera diversa da quando abbiamo la cittadinanza, sono molto più gentili con noi».

(in copertina immagine di repertorio Edmond Dantès)

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UE, migrazione e mobilità dal punto di vista giuridico e sociale: evento online
‎ La relatrice sarà la prof.ssa Chiara Favilli dell'Università di Firenze. Evento organizzato dalla GFE Italia

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Migrazione e mobilità in UE, dibattito online su Google Meet. Si terrà mercoledì 4 giugno dalle 18:30 un evento online sulle politiche europee sulle migrazioni e sulla mobilità e l’impatto che queste hanno dal punto di vista giuridico e sociale. Relatrice la prof.ssa Chiara Favilli dell’Università di Firenze. Evento organizzato dalla Gioventù federalista europea (GFE).

Migrazione e mobilità in UE locandina evento online su Google Meet
Locandina dell’evento

Il link per partecipare all’evento su Google Meet è: https://meet.google.com/fhw-htwr-jyu

Chiara Favilli è un’avvocata iscritta nell’albo di Arezzo ed esperta di Diritto dell’Unione europea. Dal 2014 è professoressa ordinaria di Diritto dell’Unione europea all’Università degli studi di Firenze e dal 2023 è direttrice della rivista giuridica Diritto, immigrazione e cittadinanza.

(in copertina immagine di repertorio Pixabay)

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Il Progetto PRISMA rinnova i circle gratuiti. Le date di giugno
‎ Dopo i primi appuntamenti di maggio, rinnovati anche per giugno gli spazi dedicati al community building

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Nuovi circle del progetto PRISMA a Sassari. Dopo i primi appuntamenti di maggio, rinnovati anche per giugno gli spazi dedicati al community building. Ci si può iscrivere in qualsiasi momento, sono gratuiti e non è necessario seguire tutti gli incontri fin dall’inizio. I circle sono spazi strutturati dedicati al dialogo e all’ascolto composti da un massimo di 20 studenti per gruppo.

PRISMA circle Sassari, locandina incontri giugno 2025
Locandina dell’evento

Nel mese di giugno gli incontri circle organizzati da PRISMA si terranno martedì 4 e lunedì 16, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, presso la Residenza Universitaria di Via Coppino 20. Per partecipare è necessario iscriversi seguendo il link https://forms.gle/oZaLHH2izZcRogUB9

Le date dei successivi incontri verranno decise con i/le partecipanti al termine dei prossimi due appuntamenti. Per ulteriori informazioni contattare il facilitatore Luigi all’indirizzo email luigi.mra@gmail.com.

Il progetto PRISMA è un insieme di iniziative ideate da una rete di 8 Università e 1 AFAM per promuovere il benessere psicologico della popolazione studentesca.

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GFE: «La risposta dell’UE su Gaza è tardiva, timida e incompleta»
‎ Apertura su Gaza. L’associazione europeista ha criticato la recente risposta dell’Unione Europea sulla guerra in Palestina

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La gioventù federalista europea (GFE) si apre su Gaza. La GFE, associazione europeista nata nel 1951, ha infatti criticato la recente risposta dell’Unione Europea sulla guerra in Palestina, segnata dagli innumerevoli «attacchi criminali» compiuti da Israele.

L’associazione federalista fa riferimento al fatto che Il Consiglio dell’Unione europea, nella sua composizione Affari esteri, ha votato a maggio con larga maggioranza la proposta di rivedere l’accordo di associazione con Israele, siglato nel 1995, a causa appunto della sua condotta «inaccettabile» nella sua ufficialmente dichiarata lotta al terrorismo interno, dove la maggior parte dei bersagli sono però bambini, donne, operatori sanitari e giornalisti scomodi, civili innocenti e le loro case. Questa condotta di guerra è stata definita da più osservatori internazionali indipendenti genocidaria e con il palese intento di effettuare una completa sostituzione etnica nei territori di Gaza.

«Come Gioventù Federalista Europea, accogliamo con favore il fatto che l’Unione si sia finalmente espressa sulla questione» – recita il comunicato stampa – «Tuttavia, non possiamo che rammaricarci del fatto che questa presa di posizione del Consiglio giunga in risposta non alle minacce israeliane di deportazioni di massa della popolazione palestinese, né al blocco degli aiuti umanitari che sta causando una carestia di proporzioni drammatiche nella Striscia, bensì solo dopo che l’esercito israeliano ha aperto il fuoco in aria contro diplomatici europei. Un gesto che pare suggerire una differenziazione tra vite meritevoli di tutela e vite sacrificabili».

La GFE al 43° Seminario di Ventotene del 2024 (Foto Pitzoi Arcadu)

Guerra in Palestina e distruzione di Gaza. L’appello della GFE all’UE: «uscite dall’immobilismo»

La GFE, con l’apertura su Gaza, si aggiunge quindi al coro di contestazione che evidenzia come, dopo oltre venti mesi di conflitto segnati da innumerevoli crimini di guerra attribuiti al Governo israeliano, ben nove Stati membri (tra cui l’Italia) abbiano comunque votato contro a una misura che comunque risulta blanda e allo stato attuale simbolica, dato che non prevede sanzioni concrete nei confronti di Israele ma solo la volontà di aprire la revisione dell’accordo.

L’Unione europea è una comunità politica con un interesse strutturale nell’affermazione di un ordine internazionale, fondato sul diritto internazionale e su Istituzioni multilaterali che siano garanti della pace mondiale. Per questo, ha una responsabilità storica: Uscire dall’immobilismo.

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Transfobia a Sassari. «denunciate e contrastate»
‎ Non c’è limite ai trogloditi. La violenza fisica e verbale passa spesso e volentieri dalle parole ai fatti.

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Transfobia a Sassari, non c’è limite ai trogloditi. A seguito dell’attenzione mediatica della Nuova Sardegna data alle persone transgender, dapprima con un’inchiesta critica sul tema e infine con un’intervista alle attiviste locali, i sassaresi hanno mostrato il peggio di sé. Limitati con la mentalità, frustrati e incapaci di discernere la realtà con la finzione, per il sassarese medio la persona transgender è solamente un oggetto sessuale oppure una macchietta utile al pubblico ludibrio, come raccontata nei più squallidi cinepanettoni degli anni Novanta.

Le aggressioni fisiche e verbali

Sia recentemente che in generale la violenza fisica e verbale passa spesso e volentieri dalle parole ai fatti. Nei giorni scorsi sono state infatti aggredite due persone. Se con una di queste si sono cimentati con insulti gravi e personali riguardo alla sua identità, con l’altra sono arrivati addirittura a lanciarle addosso della spazzatura.

L’ultima intervista, la shitstorm e la risposta di Trans*Support!

Estratto del comunicato social

Dopo l’intervista riparativa presso La Nuova Sardegna a cura di Paolo Ardovino, alle attiviste sono arrivate successivamente «minacce di morte e di violenze di ogni tipo».

«Esiste una cultura transfobica, omofoba, sessista e fascista» – conclude il comunicato – «fingere di non vederla significa essere parte di essa».

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Sciopero della fame, Di Napoli e Squarcione sono al decimo giorno

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Sciopero della fame ad oltranza, ora sono dieci giorni. Alla data del 19 maggio 2025 Sardegna Radicale-Tonino Pascali, Nessuno Tocchi Caino, Europa Radicale e Associazione Radicale Adelaide Aglietta comunicano1comunicato del 19.05.25 “DECIMO GIORNO DI SCIOPERO DELLA FAME PER CHIEDERE LA RIFORMA DELLE CARCERI, IL RITIRO DEL DECRETO SICUREZZA E IL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE” il proseguimento dello sciopero della fame ad oltranza. La protesta nonviolenta è nata per chiedere la riforma delle carceri, il ritiro del DDL Sicurezza e il rispetto della costituzione in materia di diritti dei carcerati. Le attiviste principali dell’azione sono Laura Di Napoli, coordinatrice di Sardegna Radicale-Tonino Pascali e Chiara Squarcione, membro del direttivo di Europa Radicale e della giunta dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta.

«Sono questi i motivi che mi portano a chiedere alla Regione Sardegna di impugnare il decreto davanti alla Consulta (il DDL sicurezza, ndr)» – dichiara Laura Di Napoli – «perché peggiora le condizioni disumane delle carceri, aumentando sovraffollamento e degrado, ostacola la filiera legale della canapa, svuota l’autonomia delle Regioni, restringe libertà fondamentali, alimenta divisioni e paure».

Laura Di Napoli e Chiara Squarcione (foto concessa)

Sciopero della fame per i carcerati: come è iniziato

Oggi ricorre il decimo giorno di sciopero della fame per Laura Di Napoli e Chiara Squarcione. La loro azione nonviolenta si inserisce nell’ambito dell’iniziativa promossa da Nessuno tocchi Caino per sollecitare una risposta urgente al dramma del sovraffollamento carcerario e per sostenere la proposta di legge Giachetti, che rappresenta una riforma strutturale del sistema penitenziario.


L’apertura di Ignazio La Russa

Il Presidente del Senato Ignazio La Russa aveva già riconosciuto il sovraffollamento carcerario come problema prioritario il 15 maggio e ha indicato come possibile soluzione la proposta di legge sulla liberazione anticipata presentata dall’On. Roberto Giachetti (IV). Lo sciopero adesso è infatti accompagnato dalla richiesta che venga rispettato l’impegno assunto dall’On. Ignazio La Russa, che ha promesso di incontrare questa settimana l’On. Roberto Giachetti, promotore della proposta di riforma. Questo incontro può rappresentare un primo, concreto passo verso un cambiamento non più rimandabile.

Cosa chiedono adesso i radicali

Di Napoli e Squarcione chiedono adesso alla Regione Sardegna di seguire l’esempio dell’Emilia-Romagna e di impugnare il Decreto Sicurezza davanti alla Corte Costituzionale.

Una richiesta che viene estesa a tutte le Regioni governate da forze politiche che hanno condannato pubblicamente il Decreto, affinché trasformino la loro posizione politica in un’azione concreta, assumendosi la responsabilità di difendere i principi costituzionali e i diritti delle persone.

Chiara Squarcione sottolinea: «La politica deve avere il coraggio di affrontare con lucidità e responsabilità la questione carceraria. Non si può più rimandare una riforma che riguarda la tenuta democratica del Paese e la credibilità delle istituzioni. Chiediamo l’estensione delle misure alternative alla detenzione, investimenti concreti nella salute e nella funzione rieducativa della pena, e la revoca immediata di normative che aggravano il sovraffollamento e violano principi costituzionali».

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Nulle le cartelle di Equitalia inviate per posta

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Nulle le notifiche delle cartelle esattoriali inviate da Equitalia via posta raccomandata.

Sono state giudicate nulle le notifiche delle cartelle esattoriali inviate da Equitalia via posta raccomandata e nulli anche gli effetti del mancato pagamento. I contribuenti non saranno, dunque, tenuti a pagare le notifiche ricevute via posta.

Questo è quanto stabilisce la nuova sentenza del giudice della Commissione Tributaria Provinciale di Milano. Pertano, per essere valida la notifica della cartella esattoriale, deve essere consegnata con l’ausilio dei soggetti individuati dalla legge, cioè gli Ufficiali della riscossione, gli Agenti della Polizia Municipale, i Messi Comunali e gli altri soggetti abilitati dal Concessionario nelle forme previste dalla legge. Senza considerare poi che si si prova ad arrotondare per difetto un versamento anche di pochi centesimi, il fisco, attraverso Equitalia, può richiedere decine di euro, arrivando addirittura al 5 mila per cento del dovuto.

Le cartelle di Equitalia e gli arrotondamenti per eccesso

Questo è accaduto, per esempio, a un imprenditore trentino titolare di imprese nel ramo delle costruzioni. Ha sbagliato per difetto il versamento per l’iscrizione alla camera di commercio, che viene pagata in base al fatturato dell’impresa. L’imprenditore ha sbagliato di 0,40 euro, ovvero quaranta centesimi e si è visto recapitare una cartella esattoriale da 21,97 euro, ovvero il 5 mila per cento del dovuto.

E’ l’ultimo caso questo che riguarda Equitalia, dopo anche le minacce da essa ricevuta. Si sono susseguiti, infatti, vari episodi violenti contro le sedi di Equitalia e nelle ultime settimane numerose sedi di Equitalia sono state prese di mira dagli anarchici con una serie di attentati. Il 9 e il 15 dicembre 2011, ad esempio, sono stati inviati due plichi esplosivi alle filiali di Roma. Il giorno di Santo Stefano è stata la volta della sede di Olbia. Nella notte di Capodanno infine è toccato alle agenzie di Modena e di Foggia.

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Cinghiali alla Maddalena, proteste per l’ordine di abbattimento

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Il comune della Maddalena avvia, dopo il caso di aggressione da parte di un cinghiale selvatico contro un bambino, le operazioni per l’abbattimento della fauna selvatica dichiarata “particolarmente pericolosa”. Il provvedimento emanato dal primo cittadino Fabio Lai contro i cinghiali della Maddalena non scenderebbe però troppo nei particolari, e lascerebbe quindi agli operatori una certa discrezionalità nel decidere quali animali siano effettivamente pericolosi e quali no.

Dopo l’aggressione avvenuta contro un bambino di 9 anni il 18 agosto 2024, il comune ha deciso, non senza critiche, di prendere provvedimenti. Dopo una tavola rotonda con gli enti competenti il municipio sardo ha deciso, al fine di tutelare l’incolumità di locali e turisti, di attuare il pugno di ferro contro la fauna selvatica locale.

Per molte associazioni ed opinionisti esterni fra i quali Selvaggia Lucarelli (riportata anche dalla Nuova Sardegna) però il problema sarebbe alla base: nella suddetta meta turistica sarebbero infatti le cattive abitudini dei vacanzieri la causa del problema. I turisti, non rispettando l’indole degli animali, ne violerebbero continuamente gli spazi sbarcando in massa e bivaccando, arrivando a dargli perfino da mangiare e trattandoli “come cagnolini”.  

Per Piera Rosati (LNDC Animal Protection) il documento emanato dal Sindaco sarebbe un «Ennesimo inutile spargimento di sangue, con provvedimenti violenti e non risolutivi.». Per l’avvocato Michele Pezone invece «Nel provvedimento del Sindaco si fa riferimento nello specifico a cinghiali particolarmente pericolosi, per cui non si comprende quali criteri saranno stabiliti dai tiratori scelti per la mattanza i soggetti da abbattere». LNDC Animal Protection fa sapere inoltre di aver inviato una diffida al primo cittadino de La Maddalena per annullare immediatamente le operazioni di abbattimento.

Guerra ai cinghiali della Maddalena. Le dichiarazioni di LNDC Animal Protection

Come con gli orsi in Trentino anche qui, leggendo l’ordinanza del sindaco della Maddalena, saranno uccisi gli animali pericolosi, quindi quelli che secondo le Autorità sarebbero stati protagonisti dei casi di aggressione all’uomo e dell’ultimo avvenuto a Cala Corsara. Una nuova sanguinosa e sterile operazione che dimostra l’incapacità della politica di investire in soluzioni di medio e lungo periodo che siano rispettose della fauna, dell’ambiente e in generale della vita di altri esseri viventi, come l’educazione delle persone e dei turisti per una reciproca e rispettosa convivenza con gli animali che abitano semplicemente la ‘loro casa’, o difendono i propri cuccioli da azioni umane che reputano minacciose. Abbiamo letto altresì la recente ordinanza emanata dall’Ente Parco che vieta alle persone di dare da mangiare ai cinghiali: un po’ tardi, rispetto al programma di caccia in agenda tra poche ore, per attuare concretamente un’azione di comunicazione che possa essere efficace. Ci batteremo perché la cruenta operazione in programma oggi pomeriggio sia annullata e si valutino altri tipo di provvedimenti sul medio e lungo periodo per mettere al sicuro persone e animali.

Piera Rosati, 30 agosto 2024

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Seminario Ventotene 2024, incontro di formazione politica

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Dal 1 al 6 settembre 2024 si terrà presso l’omonima isola di Ventotene (LT) la 43° edizione del seminario di formazione di Ventotene. L’evento viene organizzato dal Comune di Ventotene e dall’Istituto di studi federalisti Altiero Spinelli, con il patrocinio della Provincia di Latina. Il seminario venne istituito su iniziativa dello stesso Altiero Spinelli, una delle figure politiche europee più influenti del XX secolo.

Locandina dell’evento

Il seminario nazionale di Ventotene nacque nel 1982. In quell’isola Altiero Spinelli scrisse, assieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, il cosiddetto Manifesto di Ventotene, uno dei testi fondanti dell’Unione europea. All’apertura dell’edizione 2024 del seminario di Ventotene interverrà Josep Borrell, Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

In pochi anni il seminario è diventato uno dei più importanti momenti di riflessione sul futuro dell’Europa e del Mondo. In questa sede hanno partecipato svariate personalità europee del panorama politico e culturale.

La scelta di Ventotene

Il governo fascista confinò su quest’isola, dal 1941 al 1943, numerosi antifascisti fra i quali anche Sandro Pertini. Nella primavera del 1941 il gruppo formato da Spinelli, Rossi e Colorni scrisse clandestinamente e con mezzi di fortuna l’importante manifesto Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto. Fu poi infine Ursula Hirschmann a contrabbandare il manoscritto sulla terraferma.

Spinelli ritornò sulla penisola italiana solamente nel 1943 dopo l’arresto di Mussolini. Constatato il disastro avvenuto in Europa per la guerra causata dagli stati nazionali, egli maturò la convinzione che solo un’organizzazione federale avrebbe potuto far rientrare il Vecchio Mondo da protagonista nel quadro internazionale. Nello stesso anno perciò fondò a Milano il Movimento Federalista Europeo (MFE), gruppo politico trasversale ad ogni ideologia e partito. Successivamente nel 1951 nacque l’organizzazione giovanile dell’MFE, La Gioventù Federalista Europea (GFE). In Sardegna la sede locale dell’MFE e della GFE si trova a Cagliari.

(in copertina immagine di repertorio Nuova Isola)

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Speculazione energetica 2024. Interessi in gioco ovunque

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SARDEGNA: Sul tema della speculazione energetica interessi da ogni parte più o meno occulti esacerbano il dibattito.

Si parla da una parte di grandi multinazionali al quale parrebbero interessare solo i profitti milionari senza ricadute benefiche sul territorio. A fare da burattinaio poi l’invadente governo centrale, al quale interesserebbe solo adempire agli obblighi dell’agenda 2030 senza se o ma. Infine gli ambientalisti coscienti che la transizione energetica non sia un pranzo di gala che premono, nel rispetto dell’impatto ambientale, a non cambiare rotta.

In aggiunta, ad attizzare la folla gli interessi politici delle opposizioni che, come è lecito che sia, hanno il compito di accusare la presidenza regionale di subordinazione ai potenti.

Rimane il fatto che in maniera non chiara spuntano rapidamente nuovi impianti eolici e fotovoltaici e la gente comune vorrebbe chiarezza.

I motivi dell’opposizione alla “speculazione energetica”

Per i critici è sostanzialmente la parte della vicenda dove certe decisioni sono state calate dall’alto che ha provocato un meccanismo di autodifesa, non un’opposizione ottusa al progresso.

Questa opposizione nasce dall’esperienza storica, non dal negazionismo climatico o dalla retorica NIMBY. La gente di Sardegna teme di essere nuovamente spettatrice in casa propria. La modernizzazione passiva dell’industria petrolchimica ed il malaffare degli anni Sessanta in puro stile Angelo Rovelli ha lasciato cicatrici ambientali e psicologiche incalcolabili.

La “transizione” di allora, caratterizzata da un impatto ambientale devastante e ritorni economici e sociali, almeno per i sardi, ridotti al minimo1Il lavoro sporco della prima raffinazione dell’industria petrolchimica toccava alla bassa manovalanza autoctona, mentre la creazione del prodotto finito di valore aggiunto veniva effettuata altrove da parte di addetti specializzati ai quali inoltre l’azienda spendeva economicamente nella formazione continua, con ricadute sociali ben più positive, lasciò i moderni Sherdana cornuti e mazziati in casa propria una volta scoppiata la bolla.

Volendo fare altre digressioni, già in epoca più remota gli antichi romani definivano la Sardegna “Il granaio di Roma”. L’appellattivo derivava proprio dalla loro politica di sfruttamento spregiudicato della ricchezza locale in loro esclusiva funzione. I sardi perciò temono, ancora una volta, di venire sfruttati dal potente di turno e dai suoi emissari e di ritornare ad essere una colonia2Il termine “colonialismo” in relazione alla subordinazione forzata della Sardegna allo stato centrale venne utilizzato dagli intellettuali isolani nell’Ottocento già in epoca preunitaria . Nella storia sarda, sia antica che contemporanea, la prevaricazione dall’alto è stata un fenomeno ricorrente.

I motivi di una transizione così perentoria

Per la transizione energetica in Sardegna occorrerebbe una rivoluzione radicale, con un cambio di visione ed abitudini. La Sardegna ha il più alto livello di emissioni pro capite di CO₂ connesse ai consumi di energia. La maggior parte dell’energia elettrica è prodotta dal carbone, il più inquinante combustibile fossile in circolazione.

L’esigenza di uno sviluppo intensivo del settore nascerebbe quindi dal cambiamento climatico e dalla de-carbonizzazione, mai pienamente compiuta in Sardegna. Per gli attivisti climatici di trincea non esiste una soluzione facile o semplice. L’unica priorità é azzerare la produzione energetica da risorse fossili (ancora molto alta in Sardegna) per passare completamente a quelle rinnovabili. Alessandra Todde ritiene questo obiettivo possibile solo entro il 2040, data che però viene ritenuta oltre i termini prestabiliti per evitare danni climatici irreversibili.

Le associazioni per la transizione energetica, in aggiunta, segnalano che la polemica dietro la cosiddetta speculazione energetica, effettivamente reale in mancanza di un’efficace supervisione, verrebbe gonfiata da fakenews e campagne di disinformazione.3Comunicato stampa Legambiente 13.08.24 “Mare e laghi italiani non godono di ottima salute”: […] Senza dimenticare le numerose opposizioni regionali e locali che si sviluppano intorno a questi progetti (progetti sull’eolico offshore, n.d.r) supportati da fakenews e campagne denigratorie […}

Uno sviluppo così serrato del rinnovabile deriverebbe infine dal fatto che, oltre al fabbisogno elettrico attualmente consumato, si deve per il futuro calcolare tutta l’energia impiegata nel trasporto pubblico e privato, negli impianti di riscaldamento e nell’industria che oggi non è elettrica ma dovrà diventarlo.

L’obiettivo finale sarebbe rendere la Sardegna autosufficiente nel lungo termine e 100% green.

Lo sviluppo, se incontrollato, non é progresso

Dal punto di vista della qualità, a parte il devastante spettacolo delle aree suburbane, la vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi […] I sardi, a mio parere, deciderebbero meglio se fossero indipendenti all’interno di una comunità europea ma anche mediterranea

Fabrizio De André

La transizione energetica é un passo necessario e non semplice, così come transizione e speculazione non sono per forza due facce della stessa medaglia. Tuttavia la storia della Repubblica Italiana insegna che uno sviluppo convulso ed incontrollato calato dall’alto porta inevitabilmente alla speculazione e al malaffare, con danni ingenti a lungo termine e ricadute benefiche solo apparenti. Pertanto, senza una supervisione attiva da chi ha veramente a cuore l’interesse del territorio, qualsiasi sviluppo artificioso e pilotato porterà solamente a danni ed a conseguenze disastrose molto profonde.

I sardi non temono il progresso, ma di diventare ospiti a casa loro. Ad aver allertato la coscienza collettiva è stata la scarsa trasparenza ed il mancato coinvolgimento attivo delle realtà territoriali tipico dei disastrosi piani industriali su larga scala della Prima Repubblica, non la prospettiva di una nuova realtà che avanza.

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