Mar. Giu 17th, 2025

Notizie Internazionali

“legge russa” in Georgia, la presidente mette il veto. «Ci allontana dall’Ue»

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

«Oggi ho posto il veto alla legge russa» afferma in un discorso pubblico la Presidente della Georgia Salomè Zourabichvili. La scelta, attesa dai manifestanti e dall’opinione pubblico filo-europea, vuole riaffermare la volontà del paese ad avvicinarsi ai valori democratici dell’Unione Europea e porre fine all’influenza liberticida ed invadente della Russia di Putin.

«Questa legge è russa nella sua essenza e nel suo spirito» – aggiunge la Presidente – «Contraddice la nostra Costituzione e tutte le norme europee, quindi rappresenta un ostacolo sul nostro cammino europeo […] Questa legge deve essere abrogata». Conclude nel suo discorso.

Salomè Zourabichvili, nata a Parigi nel 1952 da rifugiati politici georgiani, è presidente della Georgia dalla fine del 2018. Formalmente indipendente dal 2011 ma molto vicina al partito Sogno Georgiano-Georgia Democratica (kartuli otsneba – demok’rat’iuli sakartvelo), nel 2016 gli elettori georgiani la elessero per la prima volta dentro il Parlamento della Georgia. Provò inizialmente a correre come Presidente nel 2013, venendo però scartata dalla Commissione elettorale centrale per via della sua doppia cittadinanza franco-georgiana. Di orientamento politico fortemente europeista, il veto contro la “legge russa” era stato dato quasi per scontato da molti osservatori.

Veto in Georgia. Cosa potrebbe succedere

Il veto della Presidente è solamente una soluzione temporanea alla promulgazione della legge. Il partito al potere (il partito Sogno Georgiano, tra l’altro lo stesso partito politico molto vicino alla Presidente), detiene in Parlamento una maggioranza sufficiente per annullare il suo veto. Nonostante le proteste che vanno avanti da mesi, i promotori della legge continuano dal canto loro ad insistere sul fatto che la legge sia destinata a promuovere la trasparenza ed a frenare tutte quelle forme di influenze straniere dannose per la sovranità nazionale.

La Georgia, avvicinatasi agli ideali europei già nel 2003 al seguito della “Rivoluzione delle rose”, è un candidato ufficiale all’adesione all’Ue dal dicembre 2023. La sua candidatura è arrivata in risposta all’invasione Russa dell’Ucraina del 2022 (La stessa Russia infatti aveva provato, con successo parziale, ad annettere alcune regioni separatiste della Georgia nel 2008).

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons)

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Omofobia: L’Uganda verso lievi modifiche alla legge anti-Lgbtq

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

UGANDA: Dopo circa un anno dalla promulgazione di una delle leggi più dure e repressive contro i diritti delle persone Lgbtq, l’Uganda attenua senza fare passi indietro alcune sue disposizioni di legge.

Africa Rivista, dal 1922 una delle maggiori testate italiane specializzate sul continente africano, fa sapere con un articolo che il governo ugandese ha annullato alcune disposizioni ritenute “In contrasto con alcuni diritti umani fondamentali”. Le disposizioni contestate rientravano nella più ampia legge promulgata a maggio 2023 nota come legge anti-omosessualità.

La Corte costituzionale dell’Uganda fa sapere tramite la persona di Richard Buteera che, nonostante non intenda abrogare completamente la legge in questione, ha comunque preferito annullare alcuni passaggi che secondo i giudici erano “Incompatibili con il diritto alla salute, alla privacy e alla libertà di religione”.

In particolare secondo la legge i cittadini ugandesi avevano l’obbligo di denunciare chiunque fosse anche solo sospettato di esercitare atti omosessuali. Per la corte suprema però questo viola i diritti individuali.

La legge anti-omosessualità in Uganda del 2023


Leggi anche: Uganda, la Corte costituzionale conferma la legge anti-omosessualità (Africa Rivista)


A maggio 2023 la Corte Costituzionale dell’Uganda aveva convalidato la nuova legge contro l’omosessualità che introduceva nel codice penale ugandese gravi e pesanti forme di repressione contro le persone Lgbtq.

L’entrata in vigoria della legge, che fin da subito aveva scatenato forti polemiche sia dentro che fuori il continente africano, aveva smobilitato attivisti per i diritti umani da tutto il mondo, preoccupati per la palese violazione dei diritti fondamentali dell’uomo e l’istituzionalizzazione della discriminazione.

Sebbene l’Africa sia un continente di stampo conservatore dove l’accettazione di determinate minoranze risulta ancora molto difficile, la nuova legge in Uganda risulta particolarmente brutale, introducendo la pena di morte per alcuni atti di omosessualità.

L’impatto della legge sul paese africano

Secondo il Fondo monetario internazionale la legge approvata nel 2023 “Potrebbe avere un impatto negativo sugli investimenti esteri, sui prestiti e sulle sovvenzioni, così come sul turismo”. Sempre secondo l’Ente, “L’approvazione della legge ha causato reazioni negative tra i partner di sviluppo e i donatori, complicando il panorama dei finanziamenti”

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Escalation in Israele: Colloquio fra Giorgia Meloni e Re Abdallah II

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

ROMA: La Presidenza del Consiglio dei Ministri fa sapere, tramite comunicato stampa, che la Presidente del consiglio Giorgia Meloni ha avuto un colloquio telefonico con il monarca Abd Allāh II ibn al-Ḥusayn, Re del Regno di Giordania. Tema cardine della conversazione è stata la situazione geopolitica del Medio Oriente dopo l’attacco iraniano contro Israele.

La situazione di relativa stabilità andata a compromettersi dopo l’Attacco di Hamas a Israele del 2023 e la conseguente reazione definita ormai da diversi osservatori come “sproporzionata” da parte del Primo ministro israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu rischia di degradare in un escalation di violenza ancora più grave. L’attacco di Teheran sferrato nella notte del 13 aprile contro Israele ha aggravato infatti una situazione già di per sé critica. Netanyahu, che secondo Josep Borrel “Ha dimostrato di non dar troppo ascolto a quello che gli viene detto”, ha minacciato infatti dure rappresaglie contro l’Iran.

Secondo l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell “Il Medio Oriente è vicino all’abisso, bisogna evitare il peggio”. Ai microfoni della radio spagnola Cadena Ser, Borrell ha detto poi che tutti stanno “facendo il massimo” dal punto di vista diplomatico per far sì che un’eventuale risposta di Israele non costituisca “Un ulteriore grado in un’escalation”.

Escalation in Israele: Il colloquio Italia-Giordania

L’ufficio stampa del Governo italiano fa sapere che il colloquio fra Giorgia Meloni e Re Abdallah II si è focalizzato sull’esigenza di evitare un’ulteriore escalation nella regione. La Presidente Meloni ha ricordato l’importanza di porre fine alla crisi a Gaza, continuando a lavorare per un cessate il fuoco immediato e sostenibile e per il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas.

I due Leader hanno quindi discusso della risposta alla crisi umanitaria a Gaza che vede la Giordania svolgere un ruolo di primo piano. La Presidente Meloni ha ribadito infine l’impegno italiano nel fornire assistenza umanitaria alla popolazione della Striscia. Giorgia Meloni ed il Re Abdallah II hanno poi concordato di mantenersi in stretto contatto nelle prossime settimane.

©RIPRODUZIONE RISERVATA


UNESCO sotto accusa: complice di abusi contro i popoli indigeni

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

L’NGO Survival International senza mezzi termini accusa l’UNESCO di complicità in sfratti illegali ed abusi contro i popoli indigeni. Il rapporto compilato denuncia infatti che molti Siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO sono teatro di gravi e continui abusi dei diritti umani legati alla loro conservazione.

Sempre Survival International accusa: «Quelli che l’UNESCO definisce ‘Siti Patrimonio naturale dell’Umanità’ sono molto spesso terre ancestrali rubate ai popoli indigeni, che poi da queste terre vengono tenuti fuori con la forza, l’intimidazione e il terrore».


Leggi anche: L’UNESCO accusata da Survival di complicità in sfratti e abusi dei popoli indigeni (Africa Rivista)


Gli investigatori di Survival International, organizzazione non governativa per la tutela dei diritti dei popoli indigeni, hanno riscontrato che in varie comunità indigene di Africa e Asia si sono verificati ripetuti casi di torture, stupri e uccisioni di indigeni all’interno e intorno ai Siti Patrimonio dell’Umanità sotto l’egida dell’UNESCO. Nel rapporto redatto si denuncia inoltre la presenza di sei Siti cosiddetti Patrimonio Mondiale situati in realtà nelle terre rubate ai popoli indigeni.

Gli abusi nei siti UNESCO: il Rapporto #DecolonizeUNESCO

Nel caso del Parco nazionale di Kahuzi-Biega, nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, L’UNESCO ha promosso un approccio basato sulla forza e sulla militarizzazione. In più occasioni ha infatti chiesto al governo di “aumentare la portata e la frequenza dei pattugliamenti” e di “evacuare gli occupanti illegali”. Altro fatto sconcertante è avvenuto in Tanzania.  L’UNESCO in questo caso ha esplicitamente appoggiato la rimozione dei Masai, popolo semi-nomade che vive al confine fra Kenya e Tanzania. Secondo uno dei leader masai intervistato “Il sostegno dell’UNESCO viene usato per sfrattarci. Siamo davvero stanchi e confusi, non sappiamo quando moriremo” . Altri casi esposti in dettaglio degli abusi perpetrati presso i siti UNESCO sono disponibili nel report di Survival International NGO.

Caroline Pearce, Direttrice Generale di Survival International, commenta «L’UNESCO ha svolto un ruolo chiave nel legittimare molte delle più famigerate Aree Protette di Africa e Asia, ed ha ampiamente ignorato le atrocità ben documentate commesse sotto i suoi occhi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA


USA, ragazzo autistico muore dopo detenzione della polizia

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

Nel carcere di Dayton in Ohio, secondo i familiari, la polizia avrebbe provocato la morte di un ragazzo autistico, Isaiah Trammell, commesso 19enne. Egli sarebbe stato sottoposto a ripetute violenze fisiche, psicologiche e verbali dagli agenti di detenzione. Sarebbe infine morto in ospedale 3 giorni dopo per le ferite riportate. Durante le violenze sarebbe stato apostrofato dagli agenti come «ridicolo» ed «imbarazzante».

Il ragazzo, che da poco viveva da solo in un appartamento a Lebanon (OH), era in ansia per un imminente colloquio di lavoro. Una sera, preso da una crisi autistica mentre era al telefono con suo zio, avrebbe attirato l’attenzione dei vicini, allertati dalle urla.

A quel punto la polizia sarebbe arrivata sul posto per una chiamata su una presunta lite domestica. Per lo stesso tipo di accusa il ragazzo aveva un mandato di arresto per via di un incidente analogo avvenuto un anno prima. Di questo mandato, riferisce le famiglia, né gli stessi familiari né Isaiah conoscevano l’esistenza.

Invece di portarlo in ospedale come di solito accadeva per questo tipo di incidenti, il ragazzo, a causa del mandato pendente, sarebbe stato preso in custodia e portato in prigione, luogo nel quale gli è stato impossibilitato di superare la crisi.

La detenzione e la morte del ragazzo

Dopo circa dieci ore di detenzione, nel quale agitato ed isterico avrebbe chiesto continuamente invano per le sue medicine (aveva informato lo staff medico di essere in cura per ADHD e autismo) e di poter effettuare una chiamata, sarebbe poi stato portato in ospedale già incosciente. Dopo tre giorni sarebbe poi morto per le conseguenze di un trauma alla testa auto-inflitto sbattendo il capo contro la porta della cella di detenzione. Il coroner di conseguenza ha classificato la sua morte come un suicidio, decisione contestata dalla madre, Brandy Abner.

Per la polizia comunque la morte del ragazzo autistico non sarebbe stata una loro responsabilità. Secondo i portavoce dello sceriffo, infatti, le indagini sulla condotta degli agenti di detenzione non hanno rilevato nessuna mancanza o abuso nel modo in cui il ragazzo è stato trattato.

«Isaiah sarebbe ancora vivo se in prigione fosse stato trattato con dignità e rispetto da del personale preoccupato per la sua salute e il suo benessere» – dice al New York Post Yvonne Currington, infermiera in pensione – «Invece di ascoltare le sue richieste per le medicine, è stato deriso ed ignorato. Bisogna chiarire di chi sia la responsabilità di ciò che gli è accaduto».

©RIPRODUZIONE RISERVATA


AUTISM-EUROPE: «Migliore accesso all’educazione ed al lavoro»

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

BRUXELLES: In Europa sono stimati 5 milioni di persone nello spettro autistico. L’associazione internazionale Autism-Europe dichiara che molte di loro subiscono quotidianamente discriminazione ed emarginazione.

L’iniziativa «I can learn. I can work»

Per rispondere a questa situazione è stata lanciata dalla stessa l’iniziativa “I can learn. I can work” con lo scopo di abbattere questo muro di esclusione sociale grazie nei due campi fondamentali della vita: il lavoro e l’istruzione.

Secondo l’Associazione infatti dalla prima infanzia fino all’Università gli autistici subiscono una cattiva e poco inclusiva educazione, molto poco affine con le loro necessità.

Un altro nodo dolente è il mondo del lavoro: In Europa meno del 10% degli autistici risulta impiegata.

In quest’ultimo campo gli autistici subiscono forti discriminazioni ed i pochi che riescono a trovare un impiego lo ottengono solo in lavori scarsamente retribuiti o solo grazie a politiche di inclusione sociale.

La Commissaria europea per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza Helena Dalli afferma:

Per le persone con invalidità invisibili come lo spettro autistico, la vita può essere molto difficile poiché spesso non riescono a ricevere un livello di supporto su misura per loro. Sono grata per l’inestimabile lavoro degli esperti e delle organizzazioni le quali quotidianamente assicurano l’accesso ad ogni singolo cittadino al lavoro ed all’educazione su base equa per tutti. Il raggiungimento dell’uguaglianza richiede uno sforzo collettivo e pertanto la nostra strategia riguardo l’agenda 2021-2030 sui diritti delle persone con disabilità rappresenta un ulteriore passo avanti verso un’Unione nell’uguaglianza.

Helena Dalli, 30 marzo 2021

Le richieste principali di Autism-Europe per gli autistici

  • Supporto mirato e consapevolezza delle particolari esigenze nell’impiego e l’istruzione;
  • Accesso ad opportunità lavorative concrete ed ad una formazione lavorativa attinente;
  • Supporto dei punti di forza degli studenti autistici (maggiore flessibilità nelle offerte formative e nelle infrastrutture);
  • Tutela dal bullismo contro le persone autistiche;
  • Leggi locali e nazionali che vengano incontro alle esigenze degli autistici nel campo del lavoro e dell’impiego;
  • Incremento della consapevolezza riguardo le potenzialità dei lavoratori autistici;
  • Gli stati membri d’Europa devono osteggiare le cosiddette “Benefit trap”;
  • Maggiore armonizzazione del riconoscimento delle disabilità all’interno dell’Unione Europea;
  • Finanziamenti europei maggiori nei confronti delle politiche di inclusione;
  • Politiche mirate in risposta alla pandemia COVID-19 che combattano il fenomeno dell’emarginazione.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Note


CNN rivela: soprusi contro i detenuti palestinesi

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

Nel centro detenzioni della base di Sde Teiman in Israele fonti interne rimaste anonime denunciano casi di abusi e violenze contro i detenuti palestinesi. Lo rivela un’inchiesta della CNN. Il numero di detenuti all’interno della base rimane sconosciuto.



Tutto è partito da una serie di fotografie scattate di nascosto da un lavoratore israeliano presso la base militare Sde Teiman, situata nel deserto del Negev. In queste fotografie sono ritratti decine di detenuti vestiti con divise grigie bendati, sdraiati su materassi sottilissimi, circondati da filo spinato e con un aspetto fisico visivamente stremato. Una situazione ribattezzata da più parti come “L’Abu Ghraib israeliana” in riferimento agli scandali nelle prigioni irachene avvenuti nel 2003.

Il trattamento dei detenuti palestinesi

I testimoni, che temono ripercussioni da parte dei sostenitori della “linea dura” di Israele contro la Palestina, descrivono l’ambiente come accompagnato da un’aria fetida e da un continuo vociare sommesso. In riferimento a ciò viene specificato che ai detenuti è severamente vietato parlare fra di loro. Pertanto il continuo mormorio deriva da chi, in preda allo shock, parla con sé stesso.

Le guardie israeliane gridano di continuo agli internati la parola araba askut (اسكت, “state zitti”). A questi ultimi è stato ordinato di “non muoversi, stare sempre seduti dritti, non parlare e non sbirciare mai dalla benda sugli occhi“. Sempre alle guardie è stato esplicitamente autorizzato di punire i trasgressori se necessario. Di conseguenza avvengono frequenti pestaggi, perpetrati perlopiù per vendetta “per punire quello che i palestinesi hanno fatto il 7 ottobre 2023”. Meno di frequente le punizioni avvengono per motivi disciplinari come risposta ad un comportamento scorretto.

Sempre i testimoni parlano di medici che amputano gli arti dei prigionieri come conseguenza all’ammanettamento continuo che blocca la circolazione, oppure di operazioni mediche eseguite da medici non specializzati. Viene anche riferito di come un odore pungente di putrefazione dovuto alle ferite non curate lasciate in necrosi contamini l’aria. I detenuti catturati in combattimento rimasti feriti vengono lasciati abbandonati a letto in un ospedale da campo completamente nudi e solo con dei pannoloni addosso.

La risposta di Israele

Le Forze di difesa israeliane non hanno ancora esplicitamente negato le accuse di condotte inappropriate. Tuttavia in un comunicato l’IDF (Israel Defense Forces, n.d.r.) ribadisce che «L’IDF assicura un trattamento appropriato nei confronti dei detenuti in custodia. Ogni accusa di condotta inappropriata perpetrata dai nostri soldati viene esaminata e trattata di conseguenza».

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Londra, uomo sfigurato cacciato dal ristorante. «spaventi i clienti»

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

È successo a Camberwell, South London (UK). Oliver Bromley, un uomo con una Neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), ovvero una malattia che provoca tumori lungo il sistema nervoso che possono crescere in qualsiasi parte del corpo (nel suo caso risultano particolarmente vistose le formazioni sul viso), racconta alla BBC di essere stato cacciato da un ristorante mentre cercava di ordinare qualcosa da mangiare con la scusa che i clienti si stavano lamentando di lui. «È orribile che una cosa del genere possa accadere» – dice Bromley alla stampa – «sul momento l’ho presa molto sul personale».

Mr. Bromley racconta inoltre di non voler cercare vendetta con la sua denuncia (omette infatti volontariamente il nome del ristorante), ma di voler solo portare maggiore attenzione e consapevolezza verso la sua condizione.

L’accaduto

L’episodio è avvenuto ad agosto quando il signor Bromley, in quel periodo ricoverato presso il King’s College Hospital, decise di mangiare fuori perché stufo del solito cibo da ospedale.

Bromley racconta di essere entrato nel ristorante la prima volta per un attimo, ed avendo notato il cartello che intimava il pagamento solo in contanti, di essere momentaneamente andato via per prelevare allo sportello. Una volta rientrato lo staff però lo ha «cortesemente» invitato ad andarsene, dicendo senza mezzi termini che «stava spaventando i clienti ed alcuni si stavano anche lamentando per la sua presenza».

Mr. Bromley precisa ai giornalisti BBC che il tempo trascorso dal suo primo ingresso fino al suo ultimo rientro con i contanti è stato brevissimo, e non ci fosse quindi stato materialmente il tempo affinché qualcuno dei clienti potesse notarlo o addirittura trovare il tempo di lamentarsi. Di conseguenza per lui era abbastanza palese il fatto che non fossero i clienti a trovare sgradevole la sua presenza, bensì lo stesso staff del ristorante. All’incredibile richiesta di questi ultimi lui, sul momento, ha deciso semplicemente di non controbattere per andarsene «il prima possibile».

A mente più fredda racconta però di aver poi sporto un reclamo al ristorante e, non ricevendo risposta, di aver comunicato l’accaduto alla polizia. Quest’ultima gli ha risposto che, nonostante l’episodio rientrasse effettivamente fra gli hate crime, difficilmente avrebbero potuto fare qualcosa.

Il caso Bromley e l’abilismo nel Regno Unito

La Nerve Tumours UK afferma che tristemente episodi del genere non sono rari. Karen Cockburn, direttrice dell’Ente, aggiunge inoltre di avere anche lei scritto al ristorante senza ricevere risposta, ma di stare comunque lavorando con i propri partner per migliorare la consapevolezza di certe condizioni mediche anche all’interno del mondo dei lavoratori a contatto con il pubblico.

(in copertina immagine rappresentativa creata con chatGPT)

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Trump: «Cadono gli aerei? Colpa dei disabili»

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

Donald Trump, neoeletto presidente degli Stati Uniti d’America, ha una risposta per ogni cosa. Alla luce del recente disastro aereo di Washington, la sua spiegazione all’evento sarebbe che, durante le amministrazioni Biden e Obama, sarebbero state assunte troppe persone con disabilità in ruoli chiave, con mansioni inadatte alla loro condizione. Trump ha affermato, per rafforzare le critiche ai suoi predecessori, che «Io ho raziocinio, ma sfortunatamente molte persone no. Servono persone competenti, non ci importa della loro razza». Alla domanda se visiterà il sito dell’incidente, il presidente risponde ironico «Dove sarebbe il sito? In acqua? Volete che vada a nuotare?».

fotografia di aero simile a quello coinvolto nell'incidente
Un Bombardier CRJ700 simile a quello del disastro

Tutto questo affermato in conferenza stampa, senza alcuno studio o prova a sostegno della tesi. La nuova arringa di Trump contro i disabili servirebbe come giustificazione per tagliare i fondi federali dedicati ai programmi di uguaglianza e inclusione.

Troppi controllori di volo con disabilità psichiche o fisiche in America. A denunciarlo non c’è nessuno studio o rapporto interno, solamente il Presidente repubblicano Trump. Queste affermazioni, che vanno ad attaccare gratuitamente una vastissima categoria di persone, servono all’imprenditore newyorkese per giustificare l’imminente taglio dei fondi federali agli uffici che si occupano di inclusione, diritti, ambiente e diversità e il licenziamento di massa di svariati impiegati. Trump ha parlato di voler dare priorità all’assunzione solo a persone «brillanti, fuori dal comune» o «geni naturalmente dotati».

Le caratteristiche ricercate da Trump (che appartengono anche ai disabili)

C’è da evidenziare che con queste sole caratteristiche un candidato modello, se non fosse già deceduto, sarebbe il fisico Stephen Hawking. L’ufficiale della Royal Navy in pensione Sir Nick Hine, militare autistico inglese, ha affermato in una sua vecchia intervista che «Sinceramente, l’autismo mi ha reso un ufficiale della marina migliore».

Molte cosiddette disabilità infatti hanno come effetto collaterale quello di acuire i sensi e di far sviluppare altamente il pensiero laterale, caratteristiche essenziali per “essere fuori dal comune”. Condizioni psichiche che rientrano nel termine più generico di disabilità, come l’ADHD o lo spettro autistico, non necessariamente portano a incapacità intellettive o attitudinali. Altre condizioni come l’epilessia (espressamente citata dal tycoon) possono non essere completamente invalidanti ed essere tenute sotto controllo dalle terapie. In ultimo, prima di poter lavorare in un ruolo chiave, a prescindere dalle politiche di inclusione e uguaglianza (e di un effettiva disabilità presunta o riconosciuta), c’è sempre il benestare di un’autorità esterna qualificata.

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons CC BY-SA 2.0)

©RIPRODUZIONE RISERVATA


USA, la battaglia di Donald Trump contro il transgenderismo

Puoi seguire Nuova Isola comodamente iscrivendoti al nostro canale Whatsapp

Fin dalle prime ore del suo insediamento, il tycoon Donald Trump bombarda l’America con i suoi famigerati ordini esecutivi. Dal rinominare il Golfo del Messico in Golfo d’America fino ai nuovi diktat che bersagliano la comunità transgender. Un bersaglio principale per Donald Trump sono stati infatti i transgender.

Per il rieletto presidente, che ritiene di essere stato salvato da Dio per rendere l’America grande, sesso biologico e identità di genere sono la stessa cosa e non ne esisterebbero altri al di fuori di quelli assegnati alla nascita, come quello non-binary (ritenuto invece valido da vari studi della stessa American Psychological Association). L’imprenditore newyorkese afferma inoltre che le persone trans abbiano uno stile di vita «poco onorevole» e non adatto agli standard «molto elevati» delle forze armate (nonostante le diverse migliaia di persone transgender attualmente in servizio).

Donald Trump ritratto ufficiale 2025
Donald Trump ritratto ufficiale 2025

Con queste premesse le conseguenze nella società statunitense sono state immediate: Subito fuori i trans dall’esercito e dalle scuole e vietata la transizione di genere agli under 19 anche se approvata da un medico qualificato (e pesantemente ostracizzato in generale l’accesso alle terapie ormonali). Nelle carceri invece gli individui trans dovranno essere tradotti in ambienti allineati al proprio sesso di nascita, senza curarsi della loro incolumità e dell’altissimo rischio di stupri e aggressioni.

Donald Trump e la «follia transgender»

Per Mr. Trump, imprenditore laureato in economia, la dottrina scientifica secondo cui il sesso biologico e l’identità di genere sono separati sarebbe una follia. Con queste manovre il nuovo presidente “ringrazia” così le frange più estremiste e conservatrici dei suoi elettori. «Porremo fine alle mutilazioni sessuali infantili» dichiarava energico nei suoi raduni elettorali. «È un rinfrescante ritorno alla sanità mentale», ha invece esultato, riportato in Italia da Open, lo studio legale conservatore Alliance Defending Freedom.

©RIPRODUZIONE RISERVATA