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Suicidio assistito, la Sardegna compie un passo importante sul tema del fine vita. la proposta di legge regionale nota come “Liberi Subito”, che disciplina le procedure per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, ha ottenuto oggi l’approvazione in Consiglio Regionale con 32 voti favorevoli. La misura si inserisce nell’orizzonte tracciato dalla Corte costituzionale e intende colmare un vuoto normativo nazionale che, di fatto, lascia molti malati in attesa.
La Sardegna diventa così la seconda regione dopo la Toscana ad adottare norme organizzative per l’attuazione della sentenza della Consulta (n.242/2019) sul caso Cappato–DJ Fabo, che già aveva aperto la strada all’accesso al suicidio assistito in casi estremi. La legge toscana e il percorso seguito a Firenze hanno fatto da riferimento per il lavoro sardo.
Suicidio assistito. Cosa dice la nuova legge
Il quadro giuridico di riferimento è la pronuncia della Corte costituzionale che ha stabilito, ovvero che il suicidio medicalmente assistito è possibile — senza che chi aiuta sia punito — solo se sono verificate determinate condizioni e se il percorso è organizzato all’interno del Servizio sanitario pubblico.
Le quattro condizioni indicate dalla Corte sono note: patologia irreversibile; sofferenze insopportabili; dipendenza da trattamenti salvavita; piena capacità di autodeterminazione. La norma regionale sarda si dichiara esplicitamente conforme a questi criteri e precisa che non introduce l’eutanasia, che resta vietata.
Dal testo di proposta (Pl. 59/A) e dalle audizioni in Commissione emergono misure concrete: istituzione di commissioni multidisciplinari pubbliche per la valutazione delle richieste, gratuità del percorso all’interno del Sistema Sanitario Regionale e tempi certi per le valutazioni, tema con il quale la legge regionale vuole porre rimedio alle attese “inaccettabili” che in molti casi oggi durano mesi o anni.
Il disegno di legge nasce, oltre che dall’impegno delle associazioni e degli attivisti locali, anche grazie all’impulso della campagna nazionale “Liberi Subito”, promossa tra gli altri dall’Associazione Luca Coscioni, che ha sollecitato un intervento delle istituzioni regionali in assenza di una legge statale unitaria.
Il fine vita in Italia
Il risultato in Aula non era scontato ma è stato raggiunto, e l’avvenire promette un dibattito serrato in contrasto con il disegno di legge nazionale: la materia tocca nervi sensibili: etica, ruolo dei medici, garanzie processuali. Ma per molte famiglie e pazienti la posta in gioco è il tempo: tempi certi, percorsi pubblici e tutele costituiscono, oggi, una priorità. La Sardegna, procedendo per legge regionale, prova a tradurre in prassi il pronunciamento della Consulta, offrendo un modello operativo che altre regioni osserveranno con attenzione.
In un momento storico delicato in cui troppo spesso le ideologie vengono anteposte alla vita e alla salute delle persone, leggi come questa assumono un valore ancora più forte: non si tratta di imporre una scelta, ma di restituire dignità a chi, lucidamente e nelle condizioni previste dalla Costituzione, chiede di porre fine a sofferenze insopportabili.
È un terreno sul quale la politica dovrebbe fare un passo indietro, riconoscendo che la vita — e la fine della vita — non appartengono a chi legifera, ma a chi le vive, per essere Liberi, fino alla fine.
(in copertina immagine di repertorio Cellula Coscioni Sardegna)

Dottore in Mediazione Linguistica. Staffer presso Nuova Isola