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Una frase, scritta male e decontestualizzata, è bastata a far esplodere il caso contro Marco Corda, imprenditore sassarese e gestore del locale Monkey di Porto Torres. «Si prediligono figure non residenti in Sardegna». L’annuncio di lavoro pubblicato su Facebook dal “Monkey” di Porto Torres, impegnato nella ricerca di camerieri e barlady, è stato cancellato in poche ore a seguito delle polemiche ricevute. Ne è scaturita infatti una vere e propria bufera social e stampa, fra accuse di razzismo locale e indignazione generale.

Monkey di Porto Torres. La difesa del titolare

Pubblicità del Monkey a Porto Torres
Pubblicità del Monkey a Porto Torres (foto Pitzoi Arcadu)

Marco Corda, il titolare, si è difeso tramite i suoi canali ufficiali, spiegando che non si tratta di un rifiuto verso i portotorresi o i sassaresi, bensì della difficoltà — secondo lui concreta — a trovare personale affidabile e costante. Ha raccontato di ragazzi che interrompono il contratto in anticipo per motivi futili, e ha puntato il dito sul contesto familiare, accusando intere generazioni di non dare valore al lavoro e denaro. Nel suo comunicato via social, dove risponde alla campagna di fango lanciata contro di lui, parla poi di come abbia alzato i toni solamente per esprimere le sue opinioni personali sulle nuove generazioni, rispondendo in particolare a un utente che lo avrebbe attaccato personalmente in primis.

È difficile però non comprendere, almeno in parte, il suo sfogo. In una città turistica in crescita, serve personale capace, formato, magari con conoscenza delle lingue. Corda ha sottolineato che lo staff attuale è tutto locale e che solo “due o tre” delle nuove assunzioni sarebbero state prese da fuori, proprio per dare al locale una maggiore ricchezza in termini di risorse umane.

Forse la comunicazione in quell’annuncio è stata fraintendibile e non condivisibile, ma non inopportuna. Dietro le sue parole non c’è alcun odio fine a se stesso. C’è stanchezza da imprenditore, ansia di far funzionare una struttura e di restare competitivo.

Non è una giustificazione: la retorica usata poteva essere senz’altro più inclusiva e meno generica. Tuttavia, la violenza della reazione — la gogna sui social, le accuse di discriminazione — sembra sproporzionata rispetto all’intento, per quanto mal espresso.

In un momento storico segnato da tante divergenze, anche generazionali, in cui i giovani sardi meritano fiducia, sarebbe importante che imprenditori e comunità dialogassero senza alzare muri. Uno scivolone non dovrebbe condannare per sempre.

(in copertina immagine di repertorio Nuova Isola)

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